La pratica della nanna sotto zero, impossibile in Italia

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Quando arrivano le basse temperature, quando l’inverno si fa sentire, la tentazione della mamma italiana è quella di tenere a casa il proprio bambino per paura che possa ammalarsi, di coprirlo oltremodo inventando un bel po’ di giochi da fare a casa per ingannare il tempo. Al Nord, invece esistono teoria e pratica della nanna sotto zero.

Arvo Ylppö è un pediatra degli anni Venti che ha inventato la pratica della nanna sotto zero, adesso parecchio in voga nei Paesi del Nord Europa. Vuol dire che opportunamente coperti per evitare che poi si bagnino e quindi si ammalino, i bambini sono lasciati a dormire all’aria aperta, anche se la colonnina di mercurio scende sotto lo zero.

Quando Arvo Ylppö introdusse questa pratica, il tasso di mortalità si abbassò drasticamente e in modo proporzionale all’adozione della nanna sotto zero. I bambini, all’epoca, smisero di soffrire di rachitismo e svilupparono una maggiore immunità ai batteri.

A distanza di anni, uno studio dell’Università di Oulu, ha ripreso ad indagare sui vantaggi di dormire al gelo e sui vantaggi di favorire il gioco all’aria aperta dei bambini anche quando le temperature possono considerarsi polari. Le conclusioni degli studiosi non sono cambiate oggi, rispetto a quelle raggiunte da Arvo Ylppö. Stare diverse ore a giocare all’aria aperta, anche nella neve, contribuisce ad uno sviluppo più importante del sistema immunitario. L’unica attenzione da avere è quella di evitare che i bambini, piccoli e grandi, si bagnino gli indumenti. Per il resto, pioggia, neve e gelo non devono essere un ostacolo ma devono essere considerate un antidoto naturale a virus e batteri.

In Italia, dove le mamme fanno scorta di indumenti di pile, calzettoni tripla protezione e giacche imbottite che trasformano i bambini in pupazzi di neve ambulanti, si potrebbe promuovere una campagna per la nanna sotto zero? Voi mamme, lo fareste?

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