Amnesty International Italia ha aderito all’iniziativa “La marcia delle donne e degli uomini scalzi” in sostegno dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo che troppo spesso sono vittime di politiche migratorie che danno priorità alla difesa dei confini piuttosto che alla vita umana.
Alla marcia, lanciata da personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e del giornalismo, stanno aderendo insieme ad Amnesty International Italia numerose altre associazioni e realtà della società civile italiana che si occupano dei diritti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo. L’iniziativa si svolgerà venerdì 11 settembre in diverse città italiane, tra cui Milano, Venezia, Palermo e Cosenza. La lista è in continuo aggiornamento, motivo per cui è possibile visitare il sito donneuominiscalzi.blogspot per ogni news.
Tutto ha avuto inizio al termine di una ricerca condotta a Kos, dove Amnesty International ha auspicato che la visita dei commissari europei Timmermans e Avramopoulos sull’isola greca fosse determinante per un’ azione immediata finalizzata a porre fine alla sofferenza di migliaia di rifugiati, tra cui molti bambini.
Amnesty International ha potuto osservare le condizioni complessivamente drammatiche in cui si trovano i rifugiati sull’isola, verificando la presenza di neonati di una settimana tra le moltitudini di persone costrette a rimanere anche per giorni sotto un sole cocente in attesa di essere registrati dalle autorità locali. I ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno intervistato minori non accompagnati detenuti in condizioni deplorevoli insieme a persone adulte.
“I rifugiati che abbiamo incontrato a Kos fuggono dalla guerra e dalla persecuzione in paesi come Siria, Afghanistan e Iraq. Alcuni sono con le loro famiglie, altri hanno viaggiato soli. Le infernali condizioni in cui sono costretti a stare e l’indifferenza delle autorità sono agghiaccianti” ha dichiarato Kondylia Gogou, ricercatrice di Amnesty International sulla Grecia.
Attaccati nella notte
La notte scorsa, Amnesty International è stata testimone oculare dell’aggressione subita da un gruppo di rifugiati ad opera di circa venti persone armate di bastoni che gridavano “Tornatevene a casa vostra!” e urlavano insulti. Gli aggressori hanno anche minacciato gli attivisti presenti (uno di loro è stato lievemente ferito e gli è stata sottratta la macchina fotografica) e un ricercatore di Amnesty International. Solo ad aggressione iniziata è intervenuta la polizia anti-sommossa che ha lanciato gas lacrimogeni, disperdendo gli aggressori.
Condizioni inumane
Durante la ricerca di Amnesty International, sull’isola si trovavano dai 3000 ai 4000 rifugiati. In assenza di qualsiasi struttura ufficiale di accoglienza, la maggior parte di loro attendeva in condizioni squallide di essere registrata per poter proseguire il viaggio verso la terraferma greca e oltre. La maggior parte dei rifugiati proveniva da Siria, Afghanistan e Iraq. Secondo la guardia costiera greca, dall’inizio dell’anno sull’isola di Kos sono arrivati oltre 31.000 rifugiati, con un picco a partire da luglio.
La maggior parte dei rifugiati, non potendo pagare una sistemazione, era costretta a dormire in tende all’aperto in condizioni spaventose oppure in ciò che resta dell’hotel Capitano Elia. Gli abitanti e Medici senza frontiere hanno fornito aiuti, mentre le autorità locali hanno prestato ben poca assistenza, chiudendo addirittura i bagni pubblici.
Alla registrazione dei rifugiati è stata adibita una vecchia stazione di polizia. Amnesty International l’ha visitata il 2 settembre trovandovi 100 rifugiati, tra cui una neonata di una settimana in braccio alla madre, che sedeva in terra in un cortile. Alle persone in attesa non era stata fornita acqua. L’unica protezione contro la calura estiva era un ombrellone al centro del cortile, sotto il quale c’era posto per poche persone.
Le informazioni sui diritti e l’identificazione dei gruppi vulnerabili erano fornite non dalle autorità locali ma dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati.
La situazione era ulteriormente aggravata dalla riluttanza delle autorità locali ad aprire un centro permanente di accoglienza con sufficienti posti a disposizione e dalla mancanza di una risposta coordinata ed efficace. A metà agosto, queste carenze sono emerse in tutta la loro evidenza, quando 2000 persone sono state chiuse in condizioni inumane all’interno dello stadio dell’isola. La polizia avrebbe fatto uso eccessivo della forza contro i rifugiati in attesa di essere registrati.
Raccomandazioni
Per le ragioni citate, Amnesty International sollecita
– le autorità di Kos a cooperare con quelle centrali per allestire centri di accoglienza e rifugi in cui le persone appena arrivate possano restare, in condizioni umane, fino alla fine delle necessarie procedure di registrazione. Le autorità locali dovranno immediatamente portare i minori non accompagnati in strutture appropriate e, una volta terminata la registrazione, trasferirli nei centri per minori non accompagnati sulla terraferma greca;
– le autorità nazionali ad attuare velocemente i piani annunciati il 3 settembre in una conferenza stampa, tra cui l’invio urgente a Kos di personale di prima accoglienza (analogamente a quanto fatto a Lesbo e Samo) che possa agevolare l’identificazione dei gruppi vulnerabili di rifugiati. Le autorità nazionali dovranno inoltre assicurare che i funzionari responsabili per la gestione dei fondi europei (come il Fondo d’integrazione per l’asilo e l’immigrazione) agiscano con la massima velocità possibile;
– l’Unione europea ad assistere le autorità greche con finanziamenti tratti dai fondi di solidarietà e di emergenza, in modo da poter gestire l’attuale crisi. La Grecia ha inoltre bisogno di supporto logistico e operativo per venire incontro ai bisogni delle persone che arrivano a Kos. Ancora più importante, nel più lungo termine gli stati membri dell’Unione europea dovranno alleviare la pressione sulla Grecia attraverso una profonda riforma del sistema d’asilo europeo e predisponendo più percorsi legali e sicuri verso l’Europa per coloro che necessitano di protezione. Questo dovrebbe essere fatto attraverso l’aumento dei posti per il reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili identificati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, un più ampio uso dei visti per motivi umanitari e migliori opzioni per i ricongiungimenti familiari.
“Siamo di fronte a una crisi su tutti i livelli. A Kos, le autorità locali non intendono fornire l’assistenza necessaria, le autorità nazionali greche non sembrano in grado di garantirla e i leader europei esitano di fronte a una sempre più acuta crisi umanitaria” – ha concluso Gogou.
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