Dilatazione dell’utero, come funziona?

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Il parto naturale è possibile quando il cosiddetto canale del parto è pronto. C’è bisogno che la mamma, grazie alle contrazioni, prepari l’utero al passaggio del bambino. La dilatazione è cruciale ma spesso, per stress, incapacità di gestire il dolore e tanti altri motivi, diventa difficile. Sapere come funziona, aiuta a prepararsi  meglio all’evento.

La dilatazione dell’utero e il travaglio

Questo passaggio oltre ad essere strumentare al parto, è anche da considerare un metro di misura del travaglio. Vuol dire che quando la dilatazione ha raggiunto i 3-4 centimetri, allora si dice che la partoriente è in travaglio attivo. Prima di questo momento, tutte le contrazioni sono soltanto preparatorie e tecnicamente sono chiamate prodromi.

Il monitoraggio della dilatazione

Confermato l’inizio del travaglio, si comincia con il monitoraggio della dilatazione dell’utero che è propedeutica anche alla rottura del sacco. Se tutto avviene normalmente, il sacco si rompe in maniera spontanea. La dilatazione sarà in primis molto lenta e il collo dell’utero tenderà ad appiattirsi sulle pareti della vagina creando il canale del parto. Nel giro di poche ore si dovrebbe arrivare ad una dilatazione di 8-10 centimetri. Questo momento corrisponde all’aumento dell’intensità e della frequenza delle contrazioni.

E se la dilatazione non funziona?

Può capitare che quando le contrazioni aumentano, non avvenga la rottura del sacco oppure può capitare che la dilatazione sia insufficiente rispetto alla fase espulsiva. Nel primo caso si procede con l’amnioressi, la rottura artificiale del sacco amniotico. Nel secondo caso si somministra l’ossitocina sintetica che ha il compito di regolarizzare e intensificare le contrazioni.

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