Non vuole andare all’asilo, il bambino è a disagio? Come comportarsi

Siete appena tornate a lavoro e avete l’esigenza di mandare il bambino al nido. Oppure, finalmente è nell’età in cui il bambino può andare all’asilo. Davanti al cancello di scuola vostro figlio si trasforma in un moccioso: inizia a strillare a fare capricci, a dirvi che lì, in quella scuola, proprio non ci vuole andare.

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Potrebbe essere un capriccio oppure potrebbe essere l’espressione di un vero disagio. Se è un capriccio perché dopo tanto tempo passato insieme alla mamma, adesso deve frequentare altre persone meno coccolose di voi, allora state sicure che tra poco smetterà di frignare. La paura di essere abbandonati, infatti, è sublimata dalla compagnia dei coetanei e dall’attenzione degli adulti educatori.

Se invece, finito il periodo d’inserimento (che tra l’altro esiste soltanto nel nostro paese), continuano i capricci, allora il disagio è di altra natura. È probabile che nell’estrema sensibilità che i bambini hanno, siano state mal digeriti rimproveri ed espressioni da parte dei docenti o dei compagni. Per esempio: una bambina di tre anni che non abbia un linguaggio forbito, anzi che sia davvero difficile da comprendere, potrebbe essere presa in giro dai compagni perché non si capisce quel che dice. Oppure nel momento in cui piange, potrebbe rendere difficile ai docenti la comprensione dell’accaduto, fino anche a far prendere loro la pazienza. Esatto, anche gli insegnanti perdono la pazienza con 20 bambini urlanti, un po’ come la perde la mamma che ha a che fare con suo figlio o con i suoi figli che, oggi come oggi, non sono mai 20 tutti in una stessa stanza.

Non si tratta di mettersi dalla parte dei docenti, sia ben chiaro, ma si tratta di capire da dove nasce il disagio e come si può correggerlo. Se il bambino è in grado di farvi capire che è stato messo in punizione e che ha reputato ingiusta questa punizione, la mamma può tentare di approfondire l’episodio e magari chiederne conferma alle maestre. Il primo passo per il superamento del disagio, infatti, è nello stabilire una relazione, un dialogo con i docenti. È chiaro che parliamo di scuole “normali” e non di quelle in cui si concentrano degli autentici mostri.

Se raccontando alle maestre che il bambino ha risentito di una punizione, di un rimprovero, di un atto di bullismo – se così si possono etichettare alcune prese in giro – quasi sicuramente le maestre avranno un’attenzione diversa al modo in cui si rivolgono al piccolo. Se queste piccole modifiche hanno un effetto positivo anche nel comportamento di vostro figlio, a casa e all’entrata di scuola, allora avete trovato la soluzione. Altrimenti dovrete fare altri tentativi.

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