United State of Women, il primo summit per discutere i problemi delle donne

United State of Women

Si sono aperti il 14 Giugno i lavori del primo summit dell’organizzazione United State of Women ospitato alla Casa Bianca, con Michelle Obama a fare gli onori di casa. L’evento ha lo scopo di discutere tematiche di grande attualità relative alle differenze di genere e alla condizione della donna in tutto il mondo, dal gap salariale alla violenza, dalla salute all’educazione.

“Molto è stato fatto da e per le donne, ma c’è ancora molto da fare” recita lo slogan che apre i lavori del Summit che vuole creare un dibattito internazionale, favorire il confronto e sviluppare idee da attuare immediatamente per fare sin da oggi la differenza e costruire un futuro diverso, più giusto ed equo, nel quale le donne possano esprimere tutto il loro potenziale, sentirsi sicure, apprezzate, rispettate, valorizzate e sostenute.

Proprio per la grande importanza delle tematiche che coinvolgono tutte le donne l’evento viene trasmesso in diretta con le testimonianze, tra le altre, di Michelle Obama e Oprah Winfrey che raccontano le sfide che hanno dovuto fronteggiare nel loro percorso personale come donne che hanno raggiunto posizioni di potere. Oggi si sentono pronte ad offrire la propria esperienza alle altre donne per supportare una nuova generazione di pioniere che scardineranno il vecchio status quo per costruirne uno nuovo.

All’evento si può partecipare attivamente, sia seguendolo in streaming online sul sito dell’organizzazione, sia intervenendo nel dibattito attraverso l’hashtag #StateOfWomen da utilizzare su Twitter per far sentire la propria voce.

Ttutte le voci saranno ascoltate proprio perché obiettivo primario del summit è aprire un dialogo tra le donne sulle donne. Intanto possiamo scoprire il video che ha lanciato l’evento e racconta, con le voci di numerose donne, tutte diverse, gli obiettivi e l’ambizioso progetto condiviso.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=tFyd0H0tpes]

Brenda, la mamma coraggio morta nell’attentato di Orlando

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Una mamma, una donna coraggiosa, di quelle che non nascondono l’omosessualità dei figli e sono disponibili ad andare oltre l’orientamento sessuale condividendo passioni e interessi comuni. Lei si chiamava Brenda e la sera dell’attentato di Orlando era al Pulse per ballare con il figlio gay. Il racconto dei sopravvissuti è straziante. 

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Il filtro sbiancante di Snapchat

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Il digitale si presta sempre a mille polemiche ma qualche volta ci mette del suo: suscita controversie sui social il filtro sbiancante di Snapchat. Molti utenti si sono accorti che tra le funzionalità dell’app più trendy del momento ci sono filtri che tendono a sbiancare la pelle. E non ne sono stati contenti.

Che i filtri di Snapchat siano divertenti non c’è dubbio, specialmente quelli più ironici che ci agghindano con corone di fiori, arcobaleni che sbucano dalla bocca e musi di teneri animali. Ce ne sono anche molti altri che intervengono sull’aspetto estetico di chi si fotografa restringendo il volto, ingrandendo gli occhi e… sbiancando la pelle.

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Non è certo la prima app che offre questa possibilità, esistono moltissime applicazioni nate appositamente per ritoccare le foto e nascondere i difetti, cancellando le occhiaie o aggiungendo un effetto sfumato che addolcisce la cruda realtà. Ma un filtro che sbianca la pelle è stato avvertito negativamente dalla community online. Soprattutto perché non è un filtro specifico che si possa scegliere, ma una conseguenza dell’uso di altri filtri che hanno o dovrebbero avere altri scopi.

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In un’epoca in cui è più che mai acceso il dibattito sulla percezione del corpo femminile e sugli standard di bellezza propinati dalla pubblicità, il filtro sbiancante di Snapchat è di grande attualità e la comunità digitale non si è lasciata sfuggire l’occasione di dire la sua.

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A dare avvio alla polemica c’è stato il filtro Bob Marley lanciato in occasione dell’anniversario della scomparsa del grande artista. Era un filtro temporaneo che consentiva di modificare il proprio volto per somigliare alla star del reggae, scurendo la pelle. Il dibattito suscitato ha portato l’attenzione anche sulle conseguenze di altri filtri, per esempio il filtro Coachella, quello che ci adorna con una corona di fiori, che sbianca eccessivamente la pelle.

Un gran numero di utenti ha espresso il proprio disappunto sottolineando che i filtri sono divertenti proprio perché alterano il proprio aspetto ma non si dovrebbero prendere troppo alla leggera queste alterazioni proponendole come strumenti per rendersi socialmente più accettabili o per suggerire un’aderenza a standard di bellezza che non si riconoscono come propri.

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Jamais assez maigre, una modella contro l’anoressia nella moda

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Se ne parla spesso ma evidentemente non abbastanza e se alcune maison provano a proporre un ideale di bellezza fuori dagli assurdi canoni imposti dalla moda si finisce per accusarle di sfruttare la sensibilità pubblica al problema per fini pubblicitari.

Le modelle troppo magre sono una questione delicata che va affrontata a livello sociale prima che comunicativo, intervenendo alla radice sulla percezione che le donne hanno di se stesse e del proprio corpo e sull’ansia di voler aderire ad un modello che, tuttavia, viene diffuso dalla comunicazione: un cane si morde la coda.

Intanto la modella Victoire Maçon Dauxerre conduce la sua battaglia personale suscitando scalpore in Francia dove è uscito da poco il suo libro Jamais assez maigre, letteralmente mai abbastanza magra. Con la sua testimonianza attraverso il diario delle proprie disavventure nel fashion system ha riacceso i riflettori sul problema.

Notata da un talent scout ad appena 17 anni, la modella è diventata presto un volto molto richiesto. Le pressioni però sono state sin da subito fortissime, come racconta nel suo libro: il prezzo da pagare era la necessità di essere sempre più magra per rientrare nella taglia 32 che corrisponde ad una 36 italiana.

Dopo essere arrivata a pesare appena 47 chili per 178 centimetri di altezza, ed essere giunta a nutrirsi di appena due mele a pranzo prima di ogni sfilata, è caduta in depressione e ha persino tentato il suicidio.

Dopo questa devastante esperienza ha deciso di raccontare il suo calvario puntando il dito contro l’industria della moda per la quale non si è mai abbastanza magre. Il suo libro ha già venduto 50.000 copie e scosso le coscienze. Ma quanto durerà?

Nudi di donne per non fare votare Trump

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Un altro tassello alla campagna elettorale americana che dall’avvento di Trump è sicuramente più colorita che in passato. Il progetto si chiama “Tramps against Trump” e promette a tutti coloro che si recano a votare e votano chiunque tranne Donald, la foto di una donna o di un uomo nudo. 

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Senza tacchi ti licenzio, se ti trucchi ti pago di più

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Mentre i paesi arabi compiono piccolissimi ma costanti passi verso l’emancipazione, l’Occidente annaspa ancora nella più bieca discriminazione. Ha fatto scalpore la notizia di qualche giorno fa secondo cui una receptionist di un’azienda londinese è stata licenziata per aver rifiutato di presentarsi a lavoro sui tacchi alti. Ma non è l’unico episodio di cui vogliamo discutere.

La protagonista della storia che dà l’avvio alla nostra riflessione è Nicola Thorp, 27 anni e dipendente di una società finanziaria. La donna si è presentata al lavoro con le scarpe basse, vedendosi riprendere immediatamente per non aver aderito al rigido dress code richiesto.

Dress code sì, ma fino a dove arrivare prima che si trasformi in discriminazione? Secondo il Guardian la giovane impiegata era stata derisa quando aveva fatto presente di essere vittima di discriminazione per essere stata invitata a non ripresentarsi al lavoro senza tacchi a spillo. La legge inglese dà ragione all’azienda e alla ragazza non è rimasto che lanciare un appello sui social e una raccolta firme nel tentativo di attirare l’attenzione sul suo caso.

Fin qui la cronaca recente. Ma il quadro è ben più ampio di quanto non possa apparire da un singolo episodio e il verbo apparire cade proprio a proposito visto che di apparenza si tratta: secondo uno studio condotto dalle università di Chicago e della California, le donne che si truccano e si curano molto ricevono un salario più alto rispetto a chi si cura di meno. Con buona pace delle competenze.

La ricerca, realizzata a livello nazionale, ha coinvolto 14.000 persone intervistate su diverse questioni relative a lavoro, formazione e salario valutati sulla base della cura della propria persona, inclusi scelta dell’abbigliamento, pettinatura e make-up.

Il risultato conferma che le persone curate tendono a guadagnare il 20% in più rispetto a coloro che hanno un look più ordinario. Questa disparità risulta più evidente tra le donne che non tra gli uomini e si somma ad un gap salariale incolmabile tra uomini e donne a parità di ruolo: con amara ironia ci viene da pensare che siamo tutte troppo sciatte per guadagnare di più?

Photo Credits | Moustache Girl / Shutterstock.com

app per migliorare la vita sessuale

8 app per migliorare la vita sessuale

C’è un’app per ogni esigenza, a quanto pare, e ce ne sono anche parecchie pensate per rendere più piccante, interessante e movimentata la vita intima: scopriamo 8 app per migliorare la vita sessuale.

app per migliorare la vita sessuale

Per dare una sferzata di energia alla monotonia della routine, per sperimentare con il proprio partner, per scoprire nuove possibilità. Che si viva in una coppia stabile o meno, queste app daranno un po’ di pepe.

Durex Experiment

L’esperimento dura 4 settimane durante le quali potrete mettere in pratica suggerimenti, qualche gioco erotico e pratiche mai sperimentate prima, magari da inserire tra le proprie abitudini. L’idea è quella di creare una maggior intimità e confidenza con il partner.

Desire

Somiglia al vecchio gioco adolescenziale Obbligo o Verità, ma in chiave sexy. Lo scopo è dare una spinta al desiderio sessuale creando l’atmosfera giusta. Ci sono varie categorie tra cui scegliere per divertirsi a giocare… a tema.

iKamasutra

Come dice già il nome, è la versione digitale del buon vecchio Kamasutra. Un vero e proprio manuale con guida illustrata che spiega posizioni e pratiche sessuali. Si può creare la lista delle posizione preferite ma anche quella delle posizioni già sperimentate o in attesa di essere provate.

Orgasmometro

Per chi vuole stimare con esattezza la propria prestazione, questa app consente di monitorare la durata e l’intensità dell’orgasmo. Registra i movimenti e i gemiti emessi durante la pratica sessuale e a partire da questa dati elabora una valutazione e la confronta con la media nazionale.

Sextastik

Simile alla precedente, questa app calcola anche quante calorie si consumano durante ogni incontro sessuale anche in base alla situazione specifica: per esempio se si è in auto o a letto, da soli o in compagnia.

Sex Game Roulette

È il gioco della bottiglia ma in chiave sexy. Non è l’unica del genere, a quanto pare associare il gioco d’azzardo al sesso funziona sempre molto bene.

Sex Master

Solo per nerd del sesso: fornisce un mucchio di dati scientifici e curiosità a tema. Per esempio che baciarsi fa bruciare 26 calorie al minuto.

Hot Tips

Consigli pratici per tutti gli imbranati del sesso che non padroneggiano (ancora) l’arte della seduzione.

Photo Credits | nito / Shutterstock.com

Gender pay gap: le donne guadagnano meno degli uomini, anche in Italia

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L’Italia, quando si parla di pagare le donne meno degli uomini anche a parità di lavoro, non è seconda a nessuno. Una classifica e una ricerca dedicate al gender pay gap dimostra che non siamo messi bene, in Italia come anche in altri 33 paesi finiti sotto la lente d’ingrandimento.