Bonus bebè negato alle famiglie adottive. È polemica in Lombardia

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C’è una polemica molto dura in corso in Lombardia dove il bonus bebè stabilito dalla Regione è stato negato ad una coppia di genitori adottivi. Questa misura a sostegno delle famiglie naturali sembra essere palesemente discriminatoria. Ci sono i limiti per parlare di incostituzionalità?

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Swan Luv, l’app che paga le spese del matrimonio

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Tutte le coppie che sperano di convolare a nozze ma non sanno dove prendere i soldi per realizzare il proprio sogno d’amore possono contare su una nuova app che paga le spese del matrimonio. Si chiama Swan Luv, è stata lanciata ufficialmente – e significativamente – proprio nel giorno di San Valentino e offre fino a 10.000 dollari a fondo perduto per organizzare il giorno più bello della propria vita.

Qualunque coppia squattrinata potrà così realizzare la propria favola in abito bianco e atmosfera principesca anche se non dispone di uno stipendio che possa coprire le spese dell’abito da sposa o del ricevimento per tutti gli amici. O magari del viaggio di nozze tanto desiderato.

Oggi molte coppie sono costrette a indebitarsi per poter far fronte alle spese necessarie per iniziare una nuova vita insieme, quasi tutte devono chiedere aiuto ai genitori o rinunciare ai propri sogni. Ecco perché Swan Luv ha deciso di intervenire. In un modo che va un po’ oltre la promessa di soldi in regalo e che val la pena indagare più a fondo.

Come funziona precisamente? Bisogna scaricare l’app e registrarsi, sottoponendo la propria richiesta. L’unico requisito necessario è una data di nozze entro due anni dall’inivio della propria candidatura. C’è anche un tetto massimo per la richiesta di denaro che non può superare i 10.000 dollari. Fin qui sembra la realizzazione di un sogno, né più né meno. A patto però che il matrimonio duri.

Se la coppia scoppia dovrà restituire i soldi elargiti per pagare le nozze, inclusi gli interessi maturati nel frattempo, come un prestito che va restituito solo se l’amore finisce. Le coppie che durano nel tempo, invece, non hanno alcun vincolo e posso godersi il proprio amore senza pensieri. E senza debiti.

Piovono già le polemiche da parte di chi accusa l’azienda di speculare sul divorzio. Dall’organizzazione però fanno sapere che in realtà il denaro restituito dalle coppie che si separano serve a finanziare le nuove coppie che si sposano, in un continuo circolo. Loro si accontentano di guadagnare attraverso la pubbblicità.

Oltre al finanziamento del matrimonio Swan Luv offre anche un servizio di consulenza matrimoniale per aiutare le coppie a restare insieme dopo le nozze. Le statistiche recenti inoltre dimostrano che i divorzi sono in calo (ma sono in calo anche i matrimoni e ci si sposa sempre più tardi). Chi se la sente di scommettere sul proprio amore a lungo termine?

Photo Credits | mambographer / Shutterstock.com

Le dictures di Soraya Doolbaz, l’artista che veste i peni

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Sarà capitato a chiunque tra voi svolga una libera professione appena fuori dagli schemi fronteggiare facce dubbiose alla spiegazione del modo in cui vi guadagnate da vivere ma immaginate le facce di coloro ai quali Soraya Doolbaz dice che per mestiere fotografa peni.

Niente a che vedere con il mondo del porno ma molto con l’arte perché la fotografa canadese di origine iraniana ha un progetto preciso e molto ricco di implicazioni, più di quelle che a prima vista la foto di un pene farebbe sospettare. Le sue foto le chiama dictures, una crasi tra le parole dick, cioè il pene, e pictures, semplicemente foto.

I soggetti dei suoi ritratti sono sempre uguali nell’essenza, sempre diversi negli esiti. Si tratta di peni variamente abbigliati, con veri e propri abiti che danno vita ad una galleria ricchissima di personaggi con lo scopo non troppo recondito di rendere più familiare ciò che normalmente resta nascosto o viene esibito in maniera molto poco sana. L’idea infatti le è venuta quando, nel suo periodo da single, frotte di uomini le mandavano foto con i genitali al vento, tutte invariabilmente identiche e tutte con il medesimo basso scopo.

Prendi il tabù, scoperchialo e ammantalo d’arte, dagli un’altra ragion d’essere, portalo in bella vista: ecco cosa ha fatto Soraya che sta ottenendo un successo inatteso. Di recente alcune sue opere sono state esposte nella galleria d’arte Art Basel Miami Beach e vendute a 10 mila dollari l’una. Un bel traguardo, per la foto di un pene.

Dall’idea alla realizzazione: l’artista ha messo a punto un guardaroba completo e variegato e poi ha dato il via agli scatti. L’unico problema che le si presenta spesso è la durata dell’erezione, perché per ottenere foto soddisfacenti dopo la preparazione c’è bisogno di una buona mezz’ora. Per questo ai modelli viene richiesto di presentarsi con i propri compagni, in modo che in caso di bisogno si possa… rimediare.

Tra i personaggi che ha creato con le sue immagini, Soraya è particolarmente fiera di Fidel Cockstroke (in foto), di Saddong Hussein, di Napoleon Boner Parte e di Cumrad Stalin, che compongono la schiera dei dick-tators. Il suo obiettivo era ironico, spiega la fotografa. Che continua:

“Gli uomini dovrebbero essere orgogliosi dei loro peni indipendentemente da dimensioni e caratteristiche. Donne e uomini gay non dovrebbero avere vergogna di goderne pienamente. Mi chiedo allora: se tanti lo amano, perché è sempre nascosto? A mio parere gli uomini si vergognano di mostrarlo e forse per questo tette e chiappe sono diventate le parti più intriganti del corpo da fotografare. Peni e testicoli erano messi in bella mostra nelle statue dell’antica Grecia e dell’epoca romana. Poi è entrata in gioco la religione cattolica che ne ha censurato la visione con la classica foglia di fico. Attraverso le mie foto spero che si torni ad accettare i genitali come sono, facendo luce e un po’ di sano umorismo su uno dei nostri tabù.”

Bellezza o razzismo: lo spot della crema che sbianca la pelle

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Il mese scorso l’azienda di cosmetici thailandese Seoul Secret ha messo in circolazione una pubblicità che lancia una crema che sbianca la pelle chiamata Snowz. Quello spot ha suscitato un così fitto vespaio di polemiche che è stato prontamente ritirato con tante scuse dell’azienda la quale, tuttavia, ha lasciato il prodotto sul mercato.

Fin qui la notizia, dunque la riflessione. Assistiamo ogni giorno a decine di spot che veicolano messaggi fuorvianti e modelli di bellezza distorti che alterano la nostra percezione di noi stesse e del mondo che ci circonda. Talvolta queste pubblicità suscitano indignazione, in più rari casi vengono ritirate. Ecco perché fa notizia quando una pubblicità come quella di cui parliamo finisce per essere ritirata e proprio in un paese che della pelle bianca ha fatto un vero e proprio dettame di bellezza.

In Thailandia, e più in generale in tutto il mondo asiatico, la pelle chiara è vissuta come un valore imprescindibile. Il mercato cosmetico cavalca da molti decenni l’onda della richiesta delle donne di prodotti capaci di agire sulla pigmentazione della pelle sbiancandola fino all’inverosimile.

A ciò si aggiunge la meticolosa attenzione alla protezione dai raggi solari non solo con filtri protettivi ma anche per mezzo di ombrelli e guanti, quando non si arriva addirittura ad astenersi dall’uscire all’aperto nelle ore di sole. Un atteggiamento che spesso ci appare bizzarro ma non lo è più di della corsa alla tintarella che invece caratterizza da molti decenni noi occidentali.

La questione è legata a ragioni storiche perché nel mondo occidentale moderno la tintarella rappresenta la possibilità economica di permettersi vacanze in luoghi esotici nell’arco dell’anno mentre nel mondo orientale per secoli avere una pelle abbronzata significava appartenere alle classi sociali inferiori, costrette a lavorare la terra. Fin qui si prende semplicemente atto di un atteggiamento sociale, molto ben radicato.

Lo spot incriminato però ha portato tutto ciò alle estreme conseguenze. Nel video l’attrice Cris Horwang, una celebrità thailandese dalla pelle candida, dichiara:

“Nel mio mondo la competizione è feroce. Se non mi prendo cura di me, tutto quello che ho costruito, la bianchezza sulla quale ho investito, potrebbe scomparire.”

Un’affermazione agghiacciante per molti di noi ma del tutto naturale per una donna asiatica. Almeno finché la pelle dell’attrice non inizia a scurirsi fino a diventare letteralmente nera mentre la donna si dispera, sconvolta per l’accaduto, e si paragona ad un’attrice concorrente dalla pelle chiara che le indica il prodotto miracoloso per ritornare bianca.

Questa scelta pubblicitaria è stata vista come un insulto nei confronti delle persone dalla pelle scura che, al di là dei canoni di bellezza vigenti nel mondo asiatico, sono storicamente discriminati. Il fatto stesso che lo spot abbia suscitato indignazione è legato a stretto filo alla percezione del pericolo nel perpetuare atteggiamenti simili nei confronti della differenza del colore della pelle tra le persone che al di là delle circostanze storiche è stato determinato unicamente da ragioni di adattamento geografico nel corso dell’evoluzione umana.

Nonostante le scuse dell’azienda, tuttavia, il prodotto è rimasto sul mercato e a nessuno è venuto in mente di ritirarlo dal momento che il giro d’affari legato alle creme sbiancanti in Asia supera i 13 miliardi di dollari l’anno. Quello che più colpisce però è scoprire che non solo in Asia ma anche in Africa l’ansia di ottenere una pelle più chiara appartiene a percentuali altissime di donne, circa il 35% in Sudafrica, addirittira il 75% in Niger.

Sono milioni le donne che fanno regolarmente ricorso a questo genere di prodotti benché spesso si registrino effetti collaterali anche gravi. Il problema allora non risiede in una pubblicità che non fa altro che interpretare i tempi, pur distorcendone le premesse ai propri scopi. Il problema è molto più radicale. La reazione allo spot, però, ci fa sperare in un lento ma costante cambiamento.

Analfabetismo KO grazie all’idea di un’imprenditrice italiana

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Sembra scontato al mondo occidentale che tutti i bambini e le bambine di oggi sappiano leggere e invece esistono delle risacche di analfabetismo sulle quali intervengono delle start up come Kukua, che sviluppa contenuti educatvi per l’infanzia, dedicati alle comunità dell’Africa Subsahariana. A capo dell’impresa c’è una donna italiana. 

Lavoratrici autonome, più tutele sulla maternità

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È tempo di rendersi conto che la vita economica del Paese sta cambiando e presto ci saranno delle grandi novità anche per le lavoratrici autonome. Non si parla soltanto di tempi di pagamento più brevi e della detraibilità di alcune spese, che valgono anche per gli uomini, ma delle novità legate al tempo della maternità. 

uomo con la barba

Una ragione scientifica per amare un uomo con la barba

uomo con la barba

L’uomo con la barba ha sempre esercitato un certo fascino sulle donne ma ultimamente è diventata una moda talmente diffusa, specialmente tra fasce di età molto giovani, da aver perso gran parte del suo appeal. Eppure la barba ha vantaggi che non avremmo immaginato, ne scopriamo uno tutto nuovo, insieme a qualche particolare francamente un po’ raccapricciante ma pur sempre curioso.

È di qualche settimana fa la notizia secondo cui, attraverso un test in diretta durante la trasmissione The Tonight Show con Jimmy Fallon, Will Forte ha dimostrato che una barba è ricettacolo di un gran numero di batteri, essenzialmente sporcizia che include persino materia fecale. Insomma, l’igiene non va proprio a braccetto con la barba folta, per quanto sia curata.

Arriva adesso la notizia che smentisce la prima e accende una nuova luce sugli uomini barbuti che cominciavano ad evitare per via di questa scoperta non proprio accattivante. Uno studio condotto di recente ha dimostrato che anche le facce glabre ospitano un gran numero di batteri.

Chi ha la barba non ospita meno batteri, certo, ma con il vantaggio ulteriore di sviluppare anche un antibiotico. Di conseguenza, un viso barbuto è in linea di principio più sano di uno liscio e ben rasato. Chi lo avrebbe immaginato?

Il microbiologo che ha condotto l’esperimento si chiama Adam Roberts e ha spiegato in un’intervista alla BBC che questa scoperta può avere ripercussioni importanti. Più importanti della nostra reazione più o meno repellente verso gli uomini con barba, intendiamo dire.

Secondo le statistiche, le infezioni resistenti agli antibiotici uccidono ogni anno 700.000 persone, una cifra destinata a crescere entro il 2050 raggiungendo addirittura i 10 milioni. Considerando che negli ultimi 30 anni non sono stati prodotti nuovi antibiotici, la possibilità di scoprirne uno nuovo nelle barbe dei nostri uomini rappresenta una vera rivoluzione medica.

Photo Credits | sevpetro / Shutterstock.com

club del libro femminista di emma watson

Il club del libro femminista di Emma Watson

club del libro femminista di emma watson

Emma Watson è diventata una vera icona del femminismo dopo il suo discorso alle Nazioni Unite sulla parità di genere in cui è impegnata in prima persona sul campo. Oltre ad essere una bravissima attrice, diventata celebre nel ruolo di Hermione Granger di Harry Potter che ha saputo anche superare con successo, ora fonda un club del libro femminista.

L’idea è stata lanciata su Twitter dall’attrice stessa che ha chiesto ai propri follower, oltre 20 milioni, di far parte dell’iniziativa suggerendole un nome adatto a questa nuova avventura. La reazione è stata immediata e immensa, migliaia i consigli arrivati, alcuni molto creativi e altri più arzigogolati o oscuri.

Tra chi la invitava a coinvolgere altri personaggi del mondo dello spettacolo – da Taylor Swift a JK Rowling, già invitate – e chi le suggeriva più o meno seriamente di attingere all’immaginario di Harry Potter a cui ancora la si lega, c’è stata anche qualche proposta interessante tra cui fEmmanist book club, forse il nostro preferito tra tutti.

In gallery abbiamo raccolto alcune delle reazioni più belle viste su Twitter nei giorni seguenti all’annuncio, con suggerimenti e commenti di vario genere a cui la stessa attrice si è premurata di rispondere per chiedere chiarimenti o ringraziare.

A vincere su tutte le proposte è stato il nome Our shared Shelf, è stato chiamato proprio così il club del libro per lettrici consapevoli e impegnate gestito da Emma Watson. Lo scaffale virtuale è già su Goodreads, il social network dei lettori, presentato da una lettera della stessa Watson che racconta perché ha scelto di fondare un club del libro dedicato alle letture femministe:

“Cari lettori,
come membro delle Nazioni Unite per le Donne ho iniziato a leggere molti libri e saggi sulla parità di genere, tutti quelli su cui sono riuscita a mettere le mani. C’è moltissimo materiale interessante! Divertente, d’ispirazione, triste, capace di indurre alla riflessione, di renderci più forti! Ho scoperto così tante cose che a volte mi sembra che la mia testa stia per esplodere… Ho deciso di dare vita ad un club del libro femminista per condividere quello che ho imparato e ascoltare ciò che pensate voi.”

Un libro al mese seguito da un dibattito per una settimana alla fine del mese nel quale saranno coinvolti, quando possibile, gli autori dei titoli o altre voci autorevoli sull’argomento. Un’occasione di confronto da non perdere.

Photo Credits | Denis Makarenko / Shutterstock.com e Twitter