#PlusIsEqual

#PlusIsEqual, il corpo delle donne alla New York Fashion Week

#PlusIsEqual

Tutto è iniziato con un annuncio sul numero di Settembre di Vogue, poi si è trasformato rapidamente in un evento sociale da non perdere sotto l’hashtag #PlusIsEqual. Parliamo di una nuova campagna di sensibilizzazione sul corpo femminile che viene ancora percepito come sbagliato se non aderisce a canoni di bellezza molto rigidi quando non addirittura preoccupanti.

L’occasione è stata la settimana della moda di New York che ha visto una partecipazione massiccia all’hashtag. L’evento fashion del momento è stato sfruttato per lanciare un messaggio sempre molto dibattuto ma mai troppo sottolineato.

Lo slogan della campagna è stato “It’s Time For Change” cioè “Tempo di cambiamenti” e non voleva puntare esplicitamente sull’invito a scegliere modelle con misure plus-size, un invito ormai trito e comunque pressocché ignorato al di là dell’immediato tornaconto pubblicitario.

L’idea era più radicale e perciò più utile: accettare che il paradigma di bellezza non deve semplicemente cambiare ma diventare più inclusivo, accogliere l’uguaglianza tra le donne che portano taglie diverse.

L’iniziativa è partita da Lane Bryant e ha visto l’adesione di molte modelle come Candice Huffine, Ashley Graham, Precious Victoria Lee, Georgia Pratt, Justine Legault, Sabina Karlsson. Lo scopo era diffondere un messaggio che puntasse a far capire che tutte meritano di essere rappresentate equamente.

Si condanna la scelta di dare spazio a qualche modella curvy solo ogni tanto, si chiede di lasciare che in passerella – e nella pubblicità, nella comunicazione del corpo più in generale – entri la normalità quotidiana, sfaccettata e multiforme. Un’iniziativa lodevole e importante ma da quante orecchie sarà ascoltata davvero?

10 donne piu potenti del mondo

Le 10 donne più potenti del mondo secondo Fortune

10 donne piu potenti del mondo

Chi sono le 10 donne più potenti del mondo secondo la rivista americana Fortune che ogni anno stila una classifica a tema? Le conosciamo una ad una scoprendo qualche sorpresa: la classifica europea conta tra le sue fila ben 2 italiane, una delle quali compare nella top ten.

La rivista annualmente stila la Most Powerful Women in Business List, suddivisa in aree geografiche: oltre alla classifica americana ce n’è una europea e una asiatica. La prestigiosa lista raggruppa le donne più potenti da un punto di vista economico e professionale. Naturalmente a entrare in classifica sono principalmente le donne manager che gestiscono grandi aziende o si trovano ai vertici di gruppi internazionali.

Ana Botin

Conquista il primo posto l’imprenditrice spagnola e presidente della sezione britannica del Banco Santander, potente gruppo bancario intenzionale di origine iberica.

Alison Cooper

Alison Cooper si posiziona sul secondo gradino del podio con il suo ruolo di amministratore delegato della Imperial Tobacco, la quarta compagnia al mondo che commercializza tabacco.

Annika Falkengren

Una svedese, alla guida del gruppo bancario SEB dal 2002, conquista il terzo posto.

Guler Sabanci

Al quarto posto l’ereditiera della potente famiglia Sabanci che detiene il controllo della seconda più potente industria famaceutica turca, di cui è presidente.

Ornella Barra

Il quinto posto spetta ad una italiana alla guida del gruppo farmaceutico Alliance Boots. È l’italiana più potente al mondo mentre Marina Berlusconi, dirigente Finivest e Mondadori e unica altra nostra connazionale in classifica, conquista il ventiduesimo posto ma vanta una presenza in classifica ininterrotta dal 2001 al 2013.

Patricia Barbizet

Potente manager francese, dirige dal 2014 l’importante casa d’arte Christie’s di cui è diventata il primo presidente donna.

Carolyn McCall

Britannica nata in India, è presidente della compagna aerea easyJet e conquista il settimo posto in classifica.

Veronique Laury

Un’altra francese arriva ai vertici della classifica assicurandosi un posto nella top ten. Si tratta del presidente della catena di negozi dedicati al fai da te Castorama.

Moya Greene

Di origine canadese, dopo una carriera nel mondo delle infrastrutture e dei trasporti, la manager dirige oggi la britannica Royal Mail.

Dominique Senequier

La potente imprenditrice francese è a capo della Ardian, una compagnia di investimenti che ha fondato personalmente e che opera in tutto il mondo.

Photo Credits | aslysun / Shutterstock.com

Droga, 4 milioni di consumatori in Italia

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In Italia quasi quattro milioni di persone – 10% della popolazione – ha assunto almeno una volta nell’ultimo anno una sostanza stupefacente. Le droghe più diffuse sono cannabis e cocaina, secondo quanto emerso dalla Relazione annuale al Parlamento sulle dipendenze del Dipartimento delle politiche antidroga (2015).

I consumi

Il 32%, poco più di 12 milioni, ha provato cannabis almeno una volta; la cocaina è stata assunta da tre milioni di italiani almeno una volta; 800mila italiani tra i 15 e i 64 anni hanno provato l’eroina; amfetamine, ectasy e le altre sostanze stimolanti sono state consumate da un milione e mezzo della popolazione e lo stesso discorso vale per gli allucinogeni come lsd, funghi allucinogeni, ketamina.

I consumatori maschi 12,5% sono quasi il doppio delle consumatrici 7,1%, ma altro dato su cui vale la pena soffermarsi è la diminuzione dei casi di decesso: il 10,32% in un anno.

Aumento sequestri, diminuzione denunce

Nel 2014 sono stati sequestrati 152.198,462 chilogrammi di droga e sono state denunciate all’ autorità giudiziaria 29.474 persone. 19.449 le operazioni antidroga, dove spicca a livello regionale la Lombardia, seguita da Lazio, Campania, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia.

Consumo cannabis cresce tra studenti

Gli allucinogeni sono stati provati almeno una volta nella vita da quasi il 3% degli studenti. Tranquillanti e sedativi sono maggiormente diffusi tra le ragazze.

Fonte | La Stampa

Foto |  Kzenon x Shutterstock

“Nessun insegnamento gender nella scuola”, parola del Ministro Giannini

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La teoria gender è diventata un’ossessione per le famiglie, soprattutto adesso che tutti gli alunni d’Italia stanno per tornare tra i banchi di scuola. Il Ministro Giannini e la Curia, però, sono d’accordo nel ricordare che non ci sarà nessun insegnamento gender nelle scuole del Paese. Da dove nasce allora la confusione?

Socality Barbie, il nuovo caso che conquista Instagram

Non è una fashion blogger e di stile ne ha da vendere, non è una fotografa di professione, in realtà non è nemmeno una persona in carne ed ossa ma su Instagram è un vero e proprio caso: stiamo parlando di Socality Barbie.

Grecia, Amnesty International denuncia le condizioni infernali a Kos

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Amnesty International Italia ha aderito all’iniziativa “La marcia delle donne e degli uomini scalzi” in sostegno dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo che troppo spesso sono vittime di politiche migratorie che danno priorità alla difesa dei confini piuttosto che alla vita umana.

Alla marcia, lanciata da personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e del giornalismo, stanno aderendo insieme ad Amnesty International Italia numerose altre associazioni e realtà della società civile italiana che si occupano dei diritti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo. L’iniziativa si svolgerà venerdì 11 settembre in diverse città italiane, tra cui Milano, Venezia, Palermo e Cosenza. La lista è in continuo aggiornamento, motivo per cui è possibile visitare il sito donneuominiscalzi.blogspot per ogni news.

Tutto ha avuto inizio al termine di una ricerca condotta a Kos, dove Amnesty International ha auspicato che la visita dei commissari europei Timmermans e Avramopoulos sull’isola greca fosse determinante per un’ azione immediata finalizzata a porre fine alla sofferenza di migliaia di rifugiati, tra cui molti bambini.

Amnesty International ha potuto osservare le condizioni complessivamente drammatiche in cui si trovano i rifugiati sull’isola, verificando la presenza di neonati di una settimana tra le moltitudini di persone costrette a rimanere anche per giorni sotto un sole cocente in attesa di essere registrati dalle autorità locali. I ricercatori dell’organizzazione per i diritti umani hanno intervistato minori non accompagnati detenuti in condizioni deplorevoli insieme a persone adulte.

“I rifugiati che abbiamo incontrato a Kos fuggono dalla guerra e dalla persecuzione in paesi come Siria, Afghanistan e Iraq. Alcuni sono con le loro famiglie, altri hanno viaggiato soli. Le infernali condizioni in cui sono costretti a stare e l’indifferenza delle autorità sono agghiaccianti”  ha dichiarato Kondylia Gogou, ricercatrice di Amnesty International sulla Grecia.

Attaccati nella notte

La notte scorsa, Amnesty International è stata testimone oculare dell’aggressione subita da un gruppo di rifugiati ad opera di circa venti persone armate di bastoni che gridavano “Tornatevene a casa vostra!” e urlavano insulti. Gli aggressori hanno anche minacciato gli attivisti presenti (uno di loro è stato lievemente ferito e gli è stata sottratta la macchina fotografica) e un ricercatore di Amnesty International. Solo ad aggressione iniziata è intervenuta la polizia anti-sommossa che ha lanciato gas lacrimogeni, disperdendo gli aggressori.

Condizioni inumane

Durante la ricerca di Amnesty International, sull’isola si trovavano dai 3000 ai 4000 rifugiati. In assenza di qualsiasi struttura ufficiale di accoglienza, la maggior parte di loro attendeva in condizioni squallide di essere registrata per poter proseguire il viaggio verso la terraferma greca e oltre. La maggior parte dei rifugiati proveniva da Siria, Afghanistan e Iraq.  Secondo la guardia costiera greca, dall’inizio dell’anno sull’isola di Kos sono arrivati oltre 31.000 rifugiati, con un picco a partire da luglio.

La maggior parte dei rifugiati, non potendo pagare una sistemazione, era costretta a dormire in tende all’aperto in condizioni spaventose oppure in ciò che resta dell’hotel Capitano Elia. Gli abitanti e Medici senza frontiere hanno fornito aiuti, mentre le autorità locali hanno prestato ben poca assistenza, chiudendo addirittura i bagni pubblici.

Alla registrazione dei rifugiati è stata adibita una vecchia stazione di polizia. Amnesty International l’ha visitata il 2 settembre trovandovi 100 rifugiati, tra cui una neonata di una settimana in braccio alla madre, che sedeva in terra in un cortile. Alle persone in attesa non era stata fornita acqua. L’unica protezione contro la calura estiva era un ombrellone al centro del cortile, sotto il quale c’era posto per poche persone.

Le informazioni sui diritti e l’identificazione dei gruppi vulnerabili erano fornite non dalle autorità locali ma dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati.

La situazione era ulteriormente aggravata dalla riluttanza delle autorità locali ad aprire un centro permanente di accoglienza con sufficienti posti a disposizione e dalla mancanza di una risposta coordinata ed efficace. A metà agosto, queste carenze sono emerse in tutta la loro evidenza, quando 2000 persone sono state chiuse in condizioni inumane all’interno dello stadio dell’isola. La polizia avrebbe fatto uso eccessivo della forza contro i rifugiati in attesa di essere registrati.

Raccomandazioni

Per le ragioni citate, Amnesty International sollecita

–  le autorità di Kos a cooperare con quelle centrali per allestire centri di accoglienza e rifugi in cui le persone appena arrivate possano restare, in condizioni umane, fino alla fine delle necessarie procedure di registrazione. Le autorità locali dovranno immediatamente portare i minori non accompagnati in strutture appropriate e, una volta terminata la registrazione, trasferirli nei centri per minori non accompagnati sulla terraferma greca;

– le autorità nazionali ad attuare velocemente i piani annunciati il 3 settembre in una conferenza stampa, tra cui l’invio urgente a Kos di personale di prima accoglienza (analogamente a quanto fatto a Lesbo e Samo) che possa agevolare l’identificazione dei gruppi vulnerabili di rifugiati. Le autorità nazionali dovranno inoltre assicurare che i funzionari responsabili per la gestione dei fondi europei (come il Fondo d’integrazione per l’asilo e l’immigrazione) agiscano con la massima velocità possibile;

– l’Unione europea ad assistere le autorità greche con finanziamenti tratti dai fondi di solidarietà e di emergenza, in modo da poter gestire l’attuale crisi. La Grecia ha inoltre bisogno di supporto logistico e operativo per venire incontro ai bisogni delle persone che arrivano a Kos. Ancora più importante, nel più lungo termine gli stati membri dell’Unione europea dovranno alleviare la pressione sulla Grecia attraverso una profonda riforma del sistema d’asilo europeo e predisponendo più percorsi legali e sicuri verso l’Europa per coloro che necessitano di protezione. Questo dovrebbe essere fatto attraverso l’aumento dei posti per il reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili identificati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, un più ampio uso dei visti per motivi umanitari e migliori opzioni per i ricongiungimenti familiari.

“Siamo di fronte a una crisi su tutti i livelli. A Kos, le autorità locali non intendono fornire l’assistenza necessaria, le autorità nazionali greche non sembrano in grado di garantirla e i leader europei esitano di fronte a una sempre più acuta crisi umanitaria” – ha concluso Gogou.

Foto | danielo x Shutterstock

 

Amy Winehouse, 20 oggetti che ricordano la cantante inglese

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Mancano solo undici giorni all’uscita italiana di Amy, documentario del 2015 diretto da Asif Kapadia sulla vita della cantante britannica, morta a soli ventisette anni per abuso di alcol e droghe.

Il documentario mostra la vita della cantautrice attraverso video, interviste e canzoni inedite. Un viaggio nelle contraddittorietà di una donna talentuosa quanto fragile, che verrà mostrato al pubblico italiano il 15, 16 e 17 Settembre, data scelta per celebrare il compleanno dell’artista scomparsa, che proprio il 14 Settembre avrebbe compiuto 32 anni.

La pellicola è stata presentata fuori concorso a maggio al Festival di Cannes. Nel Regno Unito Amy è uscito il 3 luglio, dove ha registrato incassi da record, diventando il secondo documentario più visto al box office inglese.

Amy non era solo una grande artista, ma anche un’icona indiscussa di stile. E’ sempre rimasta fedele alla passione per il jazz e alle radici ebraiche. Quando ha raggiunto la popolarità, il suo look inconfondibile ha influenzato fortemente l’industria musicale, attirando anche l’attenzione del mondo della moda. Radici e aspetto si fondevano, generando uno stile inconfondibile: 15 tatuaggi d’ispirazione rockabilly, acconciatura cotonata, eye-liner spesso, orecchini a cerchio, reggiseno di pizzo rosso e  abiti ispirati agli anni ‘60. Per questo motivo, trovate di seguito i 20 oggetti iconici che rappresentano da anni Amy, artista e donna meravigliosa. Un modo per allietare l’attesa del documentario di Asif Kapadia, ultima testimonianza della nostra grande artista: Amy Winehouse.

20 oggetti Amy Winehouse

Fonte e Foto | love.stylight , Amy Fb

gli uomini soffrono per amore

Gli uomini soffrono per amore più a lungo delle donne

gli uomini soffrono per amore

Una ricerca scientifica recente ha scoperto che gli uomini soffrono per amore più a lungo delle donne. Il loro cuore si spezza come il nostro, ma in un modo diverso da quello delle donne. Sempre che sia così importante scoprire come si spezzi, e non conti invece solo il fatto che si è effettivamente spezzato, scopriamo cosa sappiamo di nuovo sulla faccenda.

Lo studio è stato condotto alla Binghamton University e alla University College London da ricercatori che si sono chiesti se la risposta emotiva e fisica ad una rottura sentimentale cambi a seconda del genere sessuale. Pare proprio di sì.

Se le donne soffrono di più, o almeno manifestano maggiormente il loro dolore, è anche vero che sono capaci di riprendersi prima e meglio. Gli uomini invece funzionano diversamente, spiega Craig Morris, a capo del team di scienziati:

“Per dirlo in parole semplici, le donne si sono evolute per investire soprattutto in una relazione di lunga durata. Per una nostra antenata un breve incontro romantico bastava per condurre ad una gravidanza lunga nove mesi seguita da molti anni di allattamento. L’uomo invece poteva uscire di scena pochi minuti dopo, senza altro coinvolgimento biologico. Tutto questo, attraverso il tempo, ha portato le donne a sentirsi più ferite quando perdono un uomo che rappresenta un ideale di vita a lungo termine.”

È però una sofferenza che le donne metabolizzano più rapidamente di un uomo perché la natura vuole che la ricerca ricominci, che la perpetuazione delle specie sia messa al primo posto. Per un uomo invece la perdita della compagna è un dolore che dura nel tempo perché viene vissuto come un fallimento personale e comporta la necessità di ricominciare a competere con gli altri uomini.

La ricerca è giunta a questi risultati analizzando quasi 6000 persone in 96 paesi diversi, dimostrando che in tutto il mondo le dinamiche sono le medesime e sono relative a caratteristiche naturali e non solo culturali.

Tutti i partecipanti hanno dovuto valutare con voti da 0 a 10 l’impatto emotivo e fisico di una rottura. La media delle donne ha dato un risultato di 4.21 mentre per gli uomini si resta intorno ai 3.75. Tuttavia il tempo di ripresa di una donna è inferiore a quello di un uomo.

Photo Credits | igor.stevanovic / Shutterstock.com