lewis hamilton

Lewis Hamilton e lo champagne sessista

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Non c’è celebrità senza passi falsi, non c’è vittoria senza una polemica: così Lewis Hamilton, che ha trionfato domenica al Gran Premio di Cina, è stato accusato di aver compiuto un gesto sessista spruzzando di champagne una delle hostess che accompagnano in campioni sul podio durante i festeggiamenti finali.

L’accusa proviene da Rox Hardie dell’associazione Object che si batte contro gli atteggiamenti discriminatori su base sessuale e che ha definito il gesto “irrispettoso” chiedendo le scuse del pilota. I tabloid inglesi hanno subito rinfocolato la polemica e s’è alzato un polverone: il pilota avrebe voluto umiliare la ragazza, imponendole un gesto che agli occhi dei più maliziosi può apparire apertamente evocativo.

Le scuse del pilota, celebrato in pista ma molto chiacchierato fuori dai box, non sono ancora arrivate. Ci si chiede se Hamilton abbia neanche pensato di compiere un’azione che avrebbe scatenato tante ire e una condanna senza appello. Festeggiare stappando lo champagne e bagnando chiunque si trovi nei dintorni è da sempre un gesto associato alle vittorie sportive.

È pur vero che si poteva evitare di bagnare la poveretta al suo fianco, presente solo per ingentilire la scena e fornire un servizio di assistenza che forse non è così necessario. Allora la domanda da porsi forse è un’altra. Non se il pilota abbia voluto rappresentare – pur se inconsciamente – un dominio sessuale sulla donna, cosa su cui è comunque lecito riflettere, ma se non sia di per sé una scelta sessista corredare tutte le manifestazioni sportive di belle fanciulle a scopo unicamente decorativo.

cacciata dal ballo scuola

Cacciata dal ballo della scuola perché indossa lo smoking

cacciata dal ballo scuola

C’è ancora molta strada da fare per quel che riguarda il rispetto delle preferenze sessuali altrui, i ruoli associati ai generi, la libertà di essere se stessi senza doversi giustificare di fronte a nessuno né all’interno di istitutizioni che nascono per educare e invece finiscono per reprimere.

È quanto accaduto in una scuola superiore in Louisiana dove Claudietta Love non è stata ammessa al tradizionale ballo della scuola perché ha scelto di indossare uno smoking maschile al posto di un vaporoso abito da principessa. Esplicite le parole del preside:

“le ragazze indossano un vestito e i ragazzi lo smoking, è così che funziona.”

Il giornale The New Star che ha riportato la notizia ha raccontato che la ragazza, dichiaratamente omosessuale, ha vissuto questa esperienza come una grave limitazione alla propria espressione personale e non certo come un invito a rispettare le consuetidini relative all’abbigliamento di un classico ballo scolastico, una vera tradizione in America.

La Love si è sentita usata perché è una studentessa modello e molto attiva nei comitati scolastici, addirittura rappresenta la scuola in competizioni e manifestazioni esterne ma non le viene consentito di essere pienamente se stessa come persona.

Le sue parole sono dure e piene di verità ma non sono servite a molto perché il preside ha ribadito il suo no. In risposta i suoi amici, con cui avrebbe partecipato al ballo in gruppo, hanno deciso di non andare in segno di solidarietà mentre altri studenti hanno organizzato una petizione contro quello che definiscono un vero e proprio “atto discriminatorio.”

Dal canto suo Claudietta ha aggiunto che lotta anche per le ragazze più giovani a cui manca il coraggio di ribellarsi e che accettano passivamente imposizioni intollerabili. Perché non si tratta solo di quale vestito indossare al ballo ma della libertà e del diritto di essere chi si desidera. E poi chi ha detto che lo smoking non può essere elegantissimo anche su una donna? Yves Saint Laurent insegna.

Photo Credits | Huntstock.com / Shutterstock.com

rye silverman modella transgender

Rye Silverman, una modella transgender per ModCloth

rye silverman modella transgender

Rye Silverman farà parlare molto di sé visto che è la prima modella transgender lontana da ogni modello di bellezza canonico dominante. Comprare in un servizio fotografico di moda e sul catalogo che presenta la collezione e inoltre ha dato il suo nome ad un abito femminile e vezzoso, un’altra prima volta del mondo della moda.

Parliamo della campagna di ModCloth, retailer americano di pronto moda. Si chiama #FashionTruth e procede su una strada che era stata inaugurata qualche tempo fa con la scelta dei propri dipendenti – persone comuni – come modelli per le campagne pubblicitarie del marchio: gli abiti di ModCloth sono vestiti per tutti, che tutti possono indossare con la stessa soddisfazione.

rye silverman transgender modcloth

Il messaggio è forte e anche un po’ provocatorio e non mancheranno le polemiche sulla strumentalizzazione di un tema che fa discutere molto e in pubblicità può funzionare benissimo. D’altro canto però non si può che apprezzare la volontà di parlare alle persone attraverso le persone. Quelle vere, che vivono la vita di ogni giorno nel mondo reale e non nel dorato universo delle modelle simili a dee, dalla bellezza inarrivabile che non rappresenta quella comune e più autentica.

Rye ha spiegato in un’intervista a BuzzFeed di essere contenta di questo nuovo dialogo tra la moda e la comunità transgender e ha parlato proprio di “corpi veri e bellezza autentica” come concetti che devono tornare al centro del dibattito. Le donne vanno incoraggiate ad accettare il proprio corpo e la propria bellezza come unici. L’obiettivo è ambizioso ma Rye indica una via e la imbocca con determinazione.

Abbandonate donne che lottano diritti Afghanistan

Abbandonate le donne che lottano per i diritti in Afghanistan

donna con burqua

Abbandonate le donne che lottano per i diritti?  La denuncia arriva direttamente da Amnesty International, la quale sottolinea senza peli sulla lingua che non vi è alcuna tutela in Afghanistan per coloro che danno voce allo scontento e tentano di cambiare le cose.

Lines Pink is Good

Pink is Good, assorbenti contro il cancro al seno

Lines Pink is Good

Pink is Good è il nome di una battaglia che vogliamo vincere: è la battaglia contro il cancro al seno che non si ferma mai. Lo sanno bene le donne che combattono ogni giorno la loro guerra personale contro la malattia e lo sa anche la Fondazione Umberto Veronesi, dal 2003 in prima linea nella ricerca e nel sostegno dei ricercatori.

A supportare la nuova iniziativa Pink is Good c’è anche Lines che lancia la campagna di sensibilizzazione sul tumore al seno in un modo nuovo che coinvolge tutte le donne. Sì, perché tutte le donne usano gli assorbenti e con l’acquisto di ogni confezione si possono donare minuti preziosi alla ricerca.

Dallo scorso 8 Marzo e fino al prossimo 30 Giugno, acquistando una o più confezioni di assorbenti Lines e trascrivendo il codice sul sito si donano minuti alla ricerca che si concretizzano nel finanziamento di borse di studio a ricercatori che si occupano di tumori al seno.

La ricerca negli ultimi anni ha fatto enormi passi avanti, grazie anche all’aiuto di campagne di informazione sul problema che invitano a controllarsi periodicamente per individuare il problema nella prima fase e riuscire a sconfiggerlo. Secondo i dati più recenti, oltre il 90% delle donne guarisce se il tumore viene diagnisticato all’inizio.

È un bel traguardo ma si può fare di più e si può fare con un gesto molto normale, che fa parte del nostro quotidiano, come usare gli assorbenti. Si può fare molto anche parlandone con le amiche per indurre più persone a prendere coscienza del problema e a promuovere la diagnosi precose. Perché anche il tumore al seno purtroppo può far parte della nostra quotidianità ma dobbiamo sapere che si può anche sconfiggere.

ti lascio su whatsapp

Ti lascio su Whatsapp ma solo per scherzo

ti lascio su whatsapp

Ti lascio su Whatsapp ma solo per scherzo, però il gioco non viene capito e il pesce d’Aprile puzza di fregatura. Ci servirà da monito: attenzione a come usiamo la messaggistica istantanea da ora in poi.

Se nella migliore delle ipotesi il pesce d’Aprile è solo uno scherzo che provoca una risata, nella peggiore è un tiro mancino di cattivo gusto. In qualche caso invece diventa una vicenda che può cambiare la vita di una persona nel giro di pochi caratteri e un incauto invio.

È successo a Hayleigh McBay che pensando di farsi una risata alle spalle del proprio ci ha rimesso sia la faccia che il fidanzato stesso. Il primo Aprile ha finto di mollarlo con un messaggio asciutto e crudo su Whatsapp ma per tutta risposta lui ha tirato un sospiro di sollievo dicendole “Grazie a Dio l’hai detto prima tu, così non ho dovuto farlo io.”

La poveretta, allibita e amareggiata, ha condiviso la conversazione su Twitter parlando di “pesci d’Aprile che ti si ritorcono contro.” Immediatamente la notizia è diventata virale e ha suscitato qualche riflessione.

La prima e più immediata riguarda l’uso un po’ incauto dei social network che sono diventati i nemici più insidiosi delle relazioni. La seconda riguarda le statistiche: le donne lasciano più spesso e più facilmente degli uomini, ma in questo caso con esiti davvero imprevisti.

Una ricerca recente realizzata dal sito sheleft.me e rilanciata dal Daily Mail ha evidenziato che le donne sono capaci di mollare l’uomo che considerano sbagliato nel giro di 6 giorni mentre un uomo impiega circa 1 mese e in alcuni casi arriva addirittura 6 prima di rendersi conto che la relazione non funziona e ci vuole un taglio netto.

A quanto pare l’ex fidanzato di Hayleigh rientra perfettamente in questo quadro visto che rimuginava da tempo sulla questione senza trovare il coraggio di dire la verità. Né sapeva che il 77% delle donne preferisce lasciare un uomo faccia a faccia e non con un messaggio sul cellulare.

legge contro modelle troppo magre

Legge contro le modelle troppo magre in Francia

legge contro modelle troppo magre

La Francia ha approvato una legge contro le modelle troppo magre che introduce il reato di apologia dell’anoressia, destinato a siti web e passerelle: non possono più sfilare le modelle con indice di massa corporea inferiore a 18.

La proposta di legge era stata presentata a metà Marzo dal deputato socialista Olivier Veran con il sostegno del ministro della Sanità Marison Touraine. Ora quella proposta di legge è stata approvata dall’Assemblea nazionale francese assumendo come parametro l’indice di massa corporea che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera come soglia di denutrizione. Per capirsi, bisogna pesare almeno 55 chili se si è alte 1.75 cm.

Nel mirino finiscono non solo le modelle che sfilano in carne e ossa sulle passerelle della settimana della moda, che subirà un grave colpo dall’introduzione di questa legge, ma anche tutti i siti detti pro-ana che influenzano le ragazze “promuovendo una magrezza eccessiva.”

Multe salate per chi non osserva la nuova legge: fino a 75 mila euro di sanzione pecuniaria e 6 mesi di reclusione. Ne soffriranno soprattutto le agenzie di casting che selezionano e gestiscono le modelle per sfilate e servizi fotografici e da cui arriva la prima polemica. Il SYNAM, Sindacato nazionale dell’agenzie di modelle francesi, condanna la scelta di colpire solo le agenzie di casting e non le riviste che continureanno a lavorare senza osservare la nuova normativa. Inoltre trattandosi di una legge limitata al territorio francese ciò provocherà la fuga delle modelle all’estero, con un impoverimento del mercato del lavoro interno.

Ci sono altri motivi di riflessione. Lodevole l’iniziativa di normare una situazione che sfugge spesso al controllo di ogni buon senso e trattandosi di salute è giusto e doveroso che uno Stato si assuma questa responsabilità. Resta però il fatto che l’eccessiva magrezza come canone estetico dominante è una questione culturale molto più ampia e l’anoressia è un disagio che ha radici più profonde.

Come ha notato Hardley Freeman, editorialista del Guardian, non c’è correlazione univoca tra la prevenzione dei disturbi alimentari e l’approvazione di una legge sull’indice di massa corporea da mostrare in passerella. In ogni caso questa legge, con tutti i suoi limiti, è un primo passo verso una presa di coscienza in una società basata su modelli di bellezza che attribuiscono un’importanza esagerata al corpo della donna, parametro di giudizio che trascura ogni altro aspetto della personalità.

Photo Credits | Piotr Marcinski / Shutterstock.com

sybille paulsen gioielli capelli chemio

Sybille Paulsen, gioielli con capelli delle donne in chemio

sybille paulsen gioielli capelli chemio

Perdere i capelli durante la chemio è un aspetto del cancro che molte donne vivono con grande disagio ma c’è qualcuno che ne ha fatto un punto di forza per farsi coraggio e ricordarsi la propria battaglia. Tangible Truths è il progetto artistico di Sybille Paulsen che utilizza i capelli persi dalle donne in chemioterapia per creare gioielli che portano un messaggio di bellezza.

Mary Beth, visibile nella foto sotto, è una delle molte donne che ha dovuto sottoporsi alla chemio per curarsi ma ha trasformato questo dolore in un’opportunità di crescita personale proprio con l’aiuto di Sybille Paulsen. Dai capelli che ha perduto durante il trattamento sono stati creati appariscenti gioielli che raccontano una storia di coraggio, battaglie e vittorie.

sybille paulsen gioielli capelli

Uno dei simboli della femminilità e della seduzione torna ad essere bello anche dopo essere caduto, diventando un ornamento del corpo che soffre ma non si arrende. Spiega Mary Beth che da qualcosa di spaventoso e doloroso come la chemio e una terribile malattia si può trarre persino un po’ di bellezza.

Lo strumento di questo messaggio positivo è effettivamente inusuale ma è molto affascinante il tema della trasformazione di qualcosa che muore in qualcosa che torna ad essere bello e significativo. L’artista realizza a mano i suoi bijoux con un intento preciso:

“Gli oggetti che creo con i capelli segnano la trasformazione che accade al corpo e indicano una nuova via per sopportare la situazione difficile.”

E continua affermando che attraverso i suoi gioielli rende ciò che è astratto e difficile da comprendere qualcosa che si può toccare, capire e comunicare. Il progetto creativo comprende collane e bracciali realizzati con i capelli di persone che vogliono ricordare un momento difficile e conservare un simbolo della propria vittoria sullo sconforto.