divieto di abortire

In Polonia le donne contro il divieto di abortire

divieto di abortire

Protesta Nera è la traduzione del tag che le donne polacche stanno usando per la loro battaglia contro il divieto di abortire: #CzarnyProtest si schiera contro un provvedimento che ci si aspetta dal parlamento i cui seggi sono detenuti in maggioranza dal partito conservatore.

Le proteste iniziare il primo Ottobre hanno visto migliaia di persone, non solo donne, scendere in piazza contro “i fanatici al potere” e suscitare solidarietà in tutta Europa. Per il 3 Ottobre è stato indetto il Black Monday che nelle intenzioni delle promotrici dell’iniziativa dovrebbe paralizzare il paese con uno sciopero generale per attirare l’attenzione sul problema.

Il modello è lo sciopero che il 24 Ottobre del 1975 le donne islandesi lanciarono per protestare contro la subalternità femminile. L’idea è la stessa e ancora tristemente attuale dopo tanti decenni.

Tutte le donne polacche sono state invitate a non recarsi a lavoro o all’università, ad affidare i bambini a padri e nonni, a non svolgere alcuna faccenda domestica e ad occupare gli spazi pubblici vestendosi di nero. Lo scopo è dimostrare che le donne rivestono un ruolo indispensabile nella società e il loro parere deve essere tenuto in debito conto.

Ci sembra di assistere alle lotte che le nostre madri e nonne condussero in difesa delle proprie libertà 40 anni fa. Nulla però è anacronistico, tutto è di bruciante attualità perché sono ancora molti i paesi che negano alle donne il diritto di scelta e anche laddove tale diritto è tutelato dalla legge non sempre viene garantito.

“La nuova proposta di legge polacca vuole equiparare l’embrione ad una persona criminalizzando la donna che sceglie di abortire fino ad accusarla di omicidio.”

Così Barbara Nowacka, tra le organizzatrici della protesta, ha spiegato il motivo della rabbia delle donne polacche che non hanno visto respingere la proposta di liberalizzazione dell’aborto da parte del parlamento e non accettano una legge che impone il divieto assoluto di interrompere la gravidanza.

Al momento in Polonia vige una legge del 1993 che consente l’aborto entro la dodicesima settimana solo in caso di stupro, malformazioni o pericolo per la vita della madre. La nuova legge potrebbe addirittura inasprire lo stato attuale che già limita pesantemente il diritto di scelta delle donne.

Photo | Thinkstock

Perché non si parla delle donne pentite della maternità

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Nella società ci sono sempre stati i tabù e fino a qualche anno fa si diceva fosse il sesso. Oggi qualcosa è cambiato, la liberalizzazione dei costumi fa sì che il sesso, in molte delle sue forme, sia addirittura pubblicizzato. Oggi infatti, il nuovo tabù è la morte, da quella auspicata a quella reale, compresa quella inevitabile a quella “scelta”. 

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Condannata per aborto in Irlanda del Nord

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Non per omicidio, né per droga o furto ma per aborto è stata condannata una donna di 21 anni da un tribunale irlandese per aver interrotto una gravidanza 2 anni fa. In Irlanda del Nord l’aborto è un reato secondo una legge vecchissima, risalente a 150 anni fa quando venne sancito come atto criminale dalla regina Vittoria.

Le donne che decidessero di abortire potevano essere imprigionate, anche quando fossero state vittima di violenza sessuale o fossero state appurate disabilità del feto, con l’unica circostanza attenuante della vita della madre in serio pericolo.

Contrariamente a questa legge vecchia e ancora in vigore, molte donne oggi sono a favore dell’aborto e secondo il Guardian, che riporta i dati di alcuni sondaggi sul tema, oltre due terzi delle donne in Irlanda del Nord sono favorevoli all’interruzione di gravidanza.

Il caso recente della condanna per aborto porta nuovamente all’attenzione una questione sociale molto sentita e assai dibattuta anche nei paesi che hanno legalizzato la pratica da molti decenni. La donna condannata ha abortito all’età di 19 anni perché non desiderava portare avanti la gravidanza ma non poteva permettersi un viaggio in Inghilterra per abortire. Lo ha fatto a casa, servendosi della pillola abortiva che era riuscita a procurarsi. A denunciarla alle autorità è stata la sua coinquilina e ciò ha portato all’arresto della donna, punita una sua scelta che è considerata una colpa. Anzi, un reato vero e proprio.

D’altronde le recenti esternazioni di Donald Trump a proposito dell’aborto e della necessità di punire le donne che lo praticano lasciano intendere che la questione è assai più bruciante di quanto non appaia, anche nei paesi che hanno superato da tempo la questione, almeno da un punto di vista legale.

Intanto le donne irlandesi che possono permetterselo si recano ad abortire in Inghilterra senza subire alcun procedimento penale e ciò crea una spaccatura profonda che annulla, di fatto, la possibilità di abortire per tutte le donne economicamente disagiate.

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Aborti in calo, per la prima volta sotto la soglia dei 100.000 annui

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Il ministero della Sanità ha fornito i dati sugli aborti collegati alla legge 194 e con il numero dei ginecologi obiettori arrivato al 70% si prende nota di un calo delle interruzioni di gravidanza che l’anno scorso sono scese per la prima volta sotto la soglia dei 100.000 casi. 

legge sull’aborto in Portogallo

La legge sull’aborto in Portogallo si inasprisce

legge sull’aborto in Portogallo

Per ogni passo avanti che si compie a proposito della legge sull’aborto, sembra di doversi rassegnare a farne almeno altri due indietro. È quanto ci induce a pensare una novità che arriva da Portogallo dove si torna indietro anziché procedere in avanti. È ancora lunga la strada della regolamentazione di un diritto che molti paesi hanno riconosciuto ormai da decenni ma che sembra di dover costantemente difendere.

Il Portogallo infatti ha appena inasprito le norme che regolano la legge sull’aborto sottoponendo le donne che esercitano il diritto di interrompere la gravidanza ad inutili umiliazioni e addirittura al pagamento delle spese mediche.

Lo scorso mercoledì il governo ha sostenuto l’introduzione di un costo per le donne che vogliono praticare l’aborto. Inoltre viene loro richiesto anche di sottoporsi ad una serie di esami psicologici prima di poter avviare la procedura.

Il parlamento si è infiammato durante le discussioni, anche per via dell’interruzione di un gruppo di attiviste per i diritti delle donne che al grido di “vergogna, vergogna!” ha fatto sentire la propria voce.

Chi sostiene le nuove norme ritiene che queste procedure servono non a negare il diritto all’aborto ma a migliorare le condizioni nelle quali le donne si trovano a prendere una decisione così difficile. Chi è contrario invece parla di inutili umiliazioni e di ostacoli lungo un percorso che dovrebbe essere una conquista ormai sancita e garantita dalla legge.

L’aborto resta indubbiamente una questione controversa, soprattutto in paesi dalla forte impronta cattolica come il Portogallo. In questo paese la legge è stata approvata per referendum nel 2007, sancendo il diritto della donna di abortire con il supporto medico e a spese delle Stato entro 10 settimane dall’inizio della gravidanza.

Prima di allora, le donne portoghesi andavano incontro addirittura prigione fino a 3 anni in caso di aboroto, salvo nei casi di stupro o di pericolo per la salute della madre o del feto. A che pro dunque l’introduzione di nuovi ostacoli che sembrano tanto oscurantisti quanto contrari alla legge vigente?

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Legge sull’aborto in Irlanda

Legge sull’aborto in Irlanda: Amnesty chiede un cambiamento

Legge sull’aborto in Irlanda

Amnesty International lancia un appello e una campagna contro la vigente legge sull’aborto in Irlanda: il verde paese del Nord Europa ha legalizzato i matrimoni omosessuali dimostrando una lodevole apertura della società ma c’è ancora molto da fare.

La legge attuale infatti prevede la possibilità di intervento solo nel caso in cui la vita della donna sia chiaramente a rischio e questa rigida restrizione costringe molto donne e ragazze che vogliono (o in molti casi devono) esercitare il diritto di scegliere sono costrette a rivolgersi all’estero. O, peggio, a soluzioni che mettono a rischio la salute e richiedono un alto costo, non solo economico ma anche fisico ed emotivo.

La legge sull’aborto in Irlanda è strutturata in modo da dare la precedenza al feto, lo stabilisce un emendamento costituzionale che risale al 1983. Il feto viene preservato violando tutti i diritti delle donne che vengono considerati secondo Amnesty meri “recipienti” e trattate come criminali se chiedono assistenza medica per l’aborto.

In Irlanda l’interruzione di gravidanza è vietata nei casi di stupro o danni gravi al feto e i medici che forniscono alle donne informazioni sull’aborto sono passibili di multa. Di conseguenza molte donne evitano proprio di rivolgersi al medico.

Stando al rapporto pubblicato il 9 Giugno dall’associazione internazionale che denuncia la situazione, molte ragazze sono state costrette a tenere in grembo un feto morto per aborto spontaneo prima che la legge consentisse ai medici di procedere.

Una legge così restrittiva impone ai medici di muoversi tra strettoie sia legali che etiche che mettono in pericolo la vita stessa delle donne. A meno che non decidano di recarsi all’estero per sottrarsi ad una legge che non offre la garanzia di scelta che molti altri paesi assicurano da anni ma soprattutto non tutela la loro salute.

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Mamma finge l’aborto per regalare la figlia

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Una mamma che finge di abortire per regalare la figlia ad un amico è assolutamente da condannare, non c’è dubbio ma tutta questa vicenda apre una serie di discussioni che adesso proviamo a portare in primo piano sfruttando questa notizia di cronaca.