palette nude the balm

I nomi delle palette Nude The Balm sono sessisti?

palette nude the balm

Le palette trucco con i colori nudes, vero must-have del momento, sono capaci di suscitare polemiche oltre che il desiderio di possederle: i nomi delle palette nude The Balm sono accusati di essere sessisti. Ma lo sono davvero? È la domanda che ci si pone notando la scelta infelice per denominare l’ultima linea nata del marchio The Balm.

La nuova proposta del brand cosmetico americano comprende due palette, The Nude’Tude e The Nude Dude, una declinata al femminile e una al maschile ma in ambedue i casi con giochi di parole e immagini a dir poco espliciti.

Si tratta di palette dai colori nudi che conquistano le ragazze perché consentono di realizzare trucchi semplici e giornalieri o più sofisticati e serali. Spesso sono contenuti in confezioni accattivanti o, ed è questo il caso, originali e ironiche. Divertenti, secondo alcuni. Inutilmente ammiccanti, secondo altri.

Nude-Dude-Palette

Le cialde di ombretti sono sistemate sui corpi maschili e femminili di figure dal sapore retro anni Cinquanta, una grafica ricorrente tra i prodotti di The Balm. I nomi dei colori sono in linea con la provocazione.

Si scelgono infatti parole come Stubborn, Selfish, Snobby, Silly, Stand-offish (cioè testarda, egoista, snob, sciocca e altezzosa) per la versione femminile; Fearless, Faithful, Funny e Friendly (ovvero intrepido, fedele, divertente e amichevole) per la versione maschile.

È questo particolare ad avere scatenato le ire delle donne che hanno accusato il marchio di aver scelto un approccio sessista: perché le donne vengono definite con aggettivi caratteriali negativi e gli uomini, al contrario, sono descritti solo in positivo? Tanto più per un prodotto naturalmente destinato alle donne.

petizione contro deagostini

Una petizione contro DeAgostini per la pubblicità sessista

petizione contro deagostini

Dopo le polemiche sulla pubblicità inglese in bikini giallo, succede qualcosa di simile anche a casa nostra: di pubblicità sessista viene accusato un grande gruppo editoriale italiano. Su Change.org e sui social network gira da alcuni giorni una petizione contro DeAgostini per la pubblicità affissa sui mezzi di trasporto urbano milanesi.

Al momento sono state raccolte quasi 7500 firme e i promotori dell’iniziativa si sono attivati anche sui social network con una pagina dedicata oltre che sulla pagina ufficiale di DeAgostini a cui hanno chiesto spiegazioni sul perché utilizzare un pungiball con mutandine di pizzo per rappresentare la donna insieme ad un claim ritenuto oltremodo offensivo: “Da come tenersi in forma a come tenersi un marito.”

Indignate o addirittura arrabbiate le reazioni di donne e uomini che considerano irrispettoso nei confronti di ambo i sessi il riferimento alla donna come ad un sacco da picchiare e alle capacità seduttive come strumento per affermarsi. Con il risultato, sottolineano molti sostenitori della petizione, di incitare alla violenza sulle donne.

DeAgostini ha replicato puntando l’accento sull’intento ironico della campagna pubblicitaria:

“la redazione di deabyday.it è costernata dalla reazione che la nostra campagna pubblicitaria ha suscitato in alcune di voi. Mentre ci scusiamo se abbiamo potuto urtare la sensibilità di qualcuno teniamo a precisare che, evidentemente, non avevamo intenzione di offendere o attaccare nessuno.”

Anche dallo Iap, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria coinvolto nelle richieste di rimozione dello spot, la risposta è stata asciutta e ha sminuito la lettura offensiva della campagna:

“…l’organo di controllo non ha condiviso la lettura prospettata, in quanto non sono presenti nel messaggio elementi che possano indurre sul piano figurativo a identificare negli oggetti rappresentati (un punchball e uno slip in pizzo) la donna come oggetto. Essi indicano in modo figurato e ironico gli argomenti proposti al pubblico femminile dal web magazine pubblicizzato, quali consigli e approfondimenti su temi come lo sport e la seduzione. Anche la parte testuale conferma la lettura ironica del messaggio, limitandosi ad illustrare in modo sintetico il campo di argomenti trattati dal sito, escludendo contenuti offensivi o discriminatori.”

Non la pensano così i detrattori della pubblicità che hanno sferrato un attacco web al gruppo editoriale chiedendo non solo la rimozione dei pannelli ma anche le pubbliche scuse di DeAgostini. La pubblicità è effettivamente sparita ma a quanto pare solo per la decorrenza dei termini di affissione e non per effetto della petizione.

ritirato lo spot miu miu

Ritirato lo spot Miu Miu accusato di sessualizzare una bambina

ritirato lo spot miu miu

È stato ritirato lo spot Miu Miu accusato di sessualizzare una bambina proponendo un’immagine che l’autorità della vigilanza pubblicitaria inglese ha bollato come offensiva.

La maison Prada ha risposto spiegando che la campagna pubblicitaria non è stata “concepita per essere sessualmente evocativa” e la redazione della rivista patinata Vogue si è schierata dal suo fianco spiegando che lo spot era destinato ad un pubblico educato al messaggio fotografico sofisticato.

L’Advertising Standards Authority però non ha sentito ragioni: la modella Mia Goth fotografata attraverso lo spiraglio di una porta sembra una bambina che veste da adulta con abiti larghi e trucco appena accennato, aria innocente e bocca socchiusa su un letto leggermente disfatto.

Secondo l’ASA lo spot induce a pensare ad una bambina come oggetto sessuale benché la modella sia ventiduenne e la casa di moda abbia spiegato che non era sua intenzione trasmettere un messaggio anche solo velatamente sessualizzato.

Tutto ciò è accaduto in Inghilterra che nei giorni scorsi è stata al centro di un’altra vicenda relativa ad una pubblicità giudicata umiliante per le donne. Dal canto suo Prada aveva già vissuto una disavventura simile nel 2011 quando aveva fotografato la quattordicenne Hailee Steinfeld in lacrime su binari ferroviari.

Inevitabili le riflessioni sulla percezione di certe pubblicità, sul messaggio esplicito e intenzionale e su quello che invece viene recepito e probabilmente sovrapposto dall’osservatore. Ultimamente i casi che suscitano clamore sembrano moltiplicarsi.

L’opinione pubblica si divide tra chi paventa l’arrivo di un eccessivo moralismo e chi invece si rallegra per la maggiore attenzione ad una questione vissuta come un vero e proprio problema relativo alla percezione stessa della donna. Lo abbiamo scoperto anche con le reazioni che ha suscitato lo spot inglese con la modella pronta per la spiaggia in bikini giallo.

pronta per la spiaggia

Pronta per la spiaggia? Ed è guerra sui social

pronta per la spiaggia

Costume giallo, vita stretta, fisico tonico e magro per la pubblicità che recita “Pronta per la spiaggia?” In apparenza una come tante ma a Londra si è creata una vera e propria rivoluzione contro la discriminazione sessuale e la reificazione della donna: il corpo femminile una volta di più diventa uno strumento per vendere e le donne non ci stanno più.

Parliamo della pubblicità che Protein World ha lanciato per promuovere la sua gamma di integratori proteici servendosi di un leitmotif di inizio estate, cioè la temutissima prova costume che in effetti preoccupa principalmente le donne.

Lo slogan della campagna pubblicitaria, avvistata pressocché ovunque nella metropolitana della capitale inglese, diceva: Are you beach body ready? Cioè Sei pronta per la spiaggia? Immediate le reazioni sui social network.

Le polemiche e le critiche a pioggia hanno avuto il loro culmine in una petizione online e come risultato la rimozione della pubblicità considerata offensiva, umiliante e provocatoria. Il mondo del web si è unito e ha dato vita ad un incredibile battage di cui solo la Rete è capace e che alla fine è sfociato addirittura in una manifestazione a Hyde Park. Il merito va anche all’hashtag #everybodysready che su Twitter ha risposto a tono alla infelice campagna pubblicitaria.

Su change.org sono state raccolte oltre 50.000 firme in due giorni mentre su Twitter, Instagram e Facebook si è assistito ad un’inondazione di messaggi e foto a tema con toni dall’indignato all’arrabbiato per arrivare alla derisione bella e buona. Non si sono tirati indietro neanche gli uomini che in qualche caso hanno indossato un bikini giallo e detto la loro sull’argomento.

In gallery potete scoprire alcune delle reazioni più forti e qualche rivisitazione ironica, arrabbiata o derisoria della pubblicità. Nella metropolitana londinese inoltre alcuni vandali, vendicatori dell’onore femminile, hanno scritto a chiare lettere i propri giudizi sulla scelta di sfruttare un corpo e una insicurezza femminili per vendere un prodotto. Con il risultato di perpetuare la trasmissione di un messaggio errato, quello di un canone di bellezza unico a cui molte donne sentono di dover aderire.

Non potevano mancare le voci fuori dal coro che puntano il dito contro il falso moralismo nel condannare un singolo spot quando la pubblicità, la moda e la comunicazione in genere si servono quotidianamente di simili espedienti. Davvero è moralismo additare l’ennesima pubblicità come irrispettosa? Non è invece da incoraggiare un tentativo che parta direttamente da noi per cambiare finalmente la percezione che le donne, e la società più in generale, hanno del corpo femminile?