picchiare le mogli in pakistan

In Pakistan i mariti possono picchiare le mogli

picchiare le mogli in pakistan

È sempre scoraggiante scoprire situazioni in cui le donne sono ancora subalterne all’uomo e in loro completa balia, sappiamo che c’è ancora molta strada da fare verso la parità di genere e il rispetto tra i sessi ma è allo stesso tempo un moto d’orgoglio che ci pervade e ci induce a combattere con maggiore determinazione certi atteggiamenti di violenza più o meno esplicita.

È la riflessione che provoca la notizia della recente proposta di legge avanzata in Pakistan secondo cui i mariti possono picchiare le mogli, ma “leggermente.” Oltre al danno la beffa, perché la legge parla della possibilità di picchiare la propria moglie “con leggerezza” a fini educativi.

A riportare parzialmente il testo di legge è il Washington Post che sottolinea alcune delle situazioni in cui al marito sarebbe concesso picchiare la moglie: se rifiuta vestirsi secondo le norme imposte dal marito, se rifiuta di avere con lui un rapporto sessuale, se non fa il bagno dopo il rapporto sessuale o durante le mestruazioni, se interagisce con un estraneo senza il permesso del marito o se parla a voce troppo alta.

Una legge che incoraggi la violenza sulle donne, normando addirittura tutti i casi in cui questo uso (e abuso) è non solo concesso ma tutelato, è un passo indietro che vanifica le molte lotte che le donne pakistane, e le donne di tutto il mondo, hanno condotto per decenni per acquisire una dignità che le sottragga all’ingerenza costante del marito e degli altri uomini della propria famiglia in ogni ambito della propria vita pubblica e privata.

Per rispondere a questa assurda proposta di legge il fotografo Fahhad Rajper ha scelto di ritrarre le donne pakistane moderne, indipendenti e fiere, che fanno il lavoro che hanno scelto e posano con uno sguardo aperto e pronto a sfidare una legge inaccettabile.

Il giovane fotografo ha scelto di dire no alla proposta avanzata dal Consiglio islamico con un progetto che dia voce e volti alle donne contempoanee di un paese che vuole svincolarsi dai legacci di un passato asfittico che rischia di soffocare il loro presente.

Nasce così la campagna #TryBeatingMeLightly, letteralmente “prova a picchiarmi con leggerezza”, con 12 ritratti in bianco e nero accompagnati dai commenti delle donne che hanno posato e sbeffeggiato a modo loro una proposta di legge considerata ridicola oltre che del tutto lontana dal vero spirito dell’Islam:

“Picchiami con la tua intelligenza, se puoi. Picchiami con il tuo spirito. Picchiami con il tuo sorriso. Picchiami con la tua gentilezza. Ma se hai il coraggio di picchiarmi anche solo con una piuma, sarò costretta a reagire. Con l’amore.”

Così Sadiya Azhar, una delle donne ritratte negli scatti, ha deciso di rispondere alla provocazione del Consiglio dell’idelogia islamica che vigila sulle leggi emanate dal governo in modo che non contrastino con la legge islamica. In questo caso però lo fa incentivando e legalizzando la violenza domestica.

Photo Credits | Golfmhee / Shutterstock.com

codice rosa al pronto soccorso di terni

Codice Rosa al Pronto Soccorso di Terni per le donne vittime di violenza

codice rosa al pronto soccorso di terni

Nasce il Codice Rosa al Pronto Soccorso di Terni, un nuovo servizio dedicato alle donne vittime di violenza che si rivolgono all’ospedale per ricevere aiuto e sostegno. Si tratta di un’iniziativa realizzata insieme all’associazione Soroptimist international club.

L’associazione, attiva in città, ha partecipato all’allestimento della speciale stanza Codice Rosa dove si accoglieranno le donne vittime di violenza per fornire le prime cure e l’assistenza necessaria, sia medica che legale, in completa privacy e sicurezza.

La creazione di un ambiente protetto è stata considerata necessaria per gestire casi tanto delicati quali quelli della violenza subita da donne che troppo spesso non se la sentono di denunciare o addirittura temono altri abusi nel periodo di attesa al pronto soccorso, sia fisici che psicologici.

Il direttore del pronto soccorso Giorgio Parisi ha spiegato questa scelta parlando della creazione di uno speciale protocollo condiviso dal personale sanitario e dedicato esplicitamente all’assistenza delle donne che si rivolgono al Codice Rosa per ottenere aiuto e prima assistenza.

Gli operatori sono già stati addestrati, con la collaborazione del centro antiviolenza Liberetutte di Terni. Sono dunque già pronti ad intervenire con tempestività ed efficacia, coinvolgendo sia le forze dell’ordine che le strutture di sostegno sul territorio per garantire la massima tutela alle vittime.

È una iniziativa virtuosa che ci piacerebbe vedere anche in altri ospedali in tutta Italia dal momento che spesso è a queste strutture che una donna che ha subito violenza si rivolge in prima battuta. Non sempre però gli ospedali, specialmente gli affollati punti di primo soccorso, sono in grado di gestire casi tanto delicati senza una preparazione specifica e strutture adeguate. Bastano una stanza e, cosa più importante di tutte, attenzione al problema.

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Vittime di violenza, il congedo è legge ma non si può usare

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Una donna su tre, almeno una volta nella vita, è vittima di violenza fisica o sessuale. Lo dicono le statistiche che parlano di 6,7 milioni di donne che soffrono e poi devono affrontare un lungo percorso di riabilitazione. Nel Jobs Act era stato inserito un congedo pagato ma fino a questo momento la legge non è stata operativa. Perchè?

chayn italia

Nasce Chayn Italia, un aiuto online per le donne vittime di violenza

chayn italia

Chayn Italia è la nuova piattaforma online che fornisce informazioni e risorse, tutte a diposizione delle donne che affrontano i problemi connessi alla violenza di genere, come vittime o come persone vicine ad altre donne che subiscono abusi.

Il sito è online dallo scorso 22 Marzo ed è a disposizione di chiunque cerchi informazioni e materiale, sia relativo all’aiuto legale che alla possibilità di ricevere aiuto psicologico, ma non solo. Tutto il materiale è open source, gratuito oltre che riutilizzabile.

Elena Silvestrini, coordinatrice del progetto che riunisce oltre 50 volontarie, racconta i motivi che hanno spinto questo gruppo di professioniste, tra attiviste e avvocati, traduttrici, grafiche e sviluppatrici, a mettere in piedi una piattaforma che lavora a stretto contatto con le strutture di sostegno attive sul territorio:

“Se si fanno ricerche online in italiano sulla violenza contro le donne il massimo che si può trovare sono i contatti dei centri antiviolenza. Noi contribuiremo diffondendo informazioni pratiche subito accessibili.”

A fornire il primo nucleo di esperienza e competenze, entrambe sviluppate sul campo, è il centro antiviolenza Una stanza tutta per sé attivo a Roma, con il quale Elena ha collaborato attivamente e che ha poi coinvolto nella creazione di Chayn Italia.

L’idea è nata dopo aver conosciuto Hera Hussain, la fondatrice di Chayn International, fondata inizialmente in Pakistan e in India con l’intento di unire impegno sociale e tecnologia per metterli al servizio delle donne vittime di violenza di genere.

L’Italia è il terzo paese coinvolto nel progetto che intende porsi come l’intermediario più veloce tra le donne in cerca di informazioni e aiuto e i centri antiviolenza diffusi sul territorio, che sono puntualmente segnalati sul sito allo scopo di creare e potenziare una rete di supporto competente e tempestivo.

15 donne più toste del 2015

Le 15 donne più toste del 2015

15 donne più toste del 2015

Le donne lo hanno dimostrato da secoli, sanno essere tipe toste, capaci di mettersi contro il mondo intero per raggiungere un obiettivo a cui tengono. Lo dimostrano anche le 15 donne più toste del 2015 che hanno raggiunto obiettivi importanti, hanno cambiato un po’ questo mondo, hanno gettato le basi per i mutamenti futuri.

Ognuna di loro è una di noi, spesso infatti sono solo donne comuni che hanno messo tutto il loro impegno nella propria causa oppure si sono ritrovate a diventare un simbolo loro malgrado. Esiste persino un account su Twitter che si chiama Badass Woman Alert creato proprio per segnalare le imprese delle donne che, in tutto il mondo, fanno qualcosa che sia degno di essere ricordato e che possa essere da esempio per tutte.

Noor Tagouri

È la prima giornalista americana ad essere apparsa in televisione indossando il velo. Il suo motto è “Be your legend” e la sua storia è un incentivo per tutte le ragazze che vogliono realizzare il proprio sogno contro qualunque pregiudizio.

Le donne arabe alle urne

Per la prima volta nella storia le donne arabe hanno avuto diritto di voto e il diritto di candidarsi alle ultime elezioni locali del Paese.

Samantha Cristoforetti

Siamo stati fieri della nostra astronauta Samantha Cristoforetti che non solo è stata scelta per una missione importantissima ma ha anche battuto il precedente record di permanenza femminile nello spazio nell’arco di un solo volo.

Le ragazze del Body Positive Movement

Per dire basta alle discriminazioni, le ragazze che hanno fondato il Body Positive Movement si impegnano nella diffusione di una nuova percezione del corpo femminile attraverso i valori positivi del rispetto della salute e dell’accettazione di sé contro qualunque imposizione del mondo pubblicitario che ci vorrebbe tutte emaciate.

Bellezza senza confini

A Salerno, appena qualche giorno fa, un gruppo di modelle diversamente abili ha sfilato in passerella lanciando un messaggio forte: siamo tutte belle, ciascuna a modo proprio, e nessun limite fisico o mentale potrà negarlo.

Niloofar Rahmani

È stata la prima donna a pilotare un aereo nell’Afghanistan liberato dal regime talebano che non concedeva alle donne il diritto di esporsi in pubblico, men che meno di lavorare, figuriamoci di fare un lavoro “da uomo.”

Le studentesse di Boko Haram

Prigioniere dei guerriglieri che le avevano rapite in Nigeria, sono fuggite dal loro incubo e sono tornate coraggiosamente a scuola, perché l’istruzione è la loro arma più potente.

Cecily Strong

L’attrice comica americana ha partecipato alla cena per i giornalisti offerta dalla Casa Bianca rivolgendosi ai politici con un tagliente commento sui diritti delle donne: “Non voglio certo dirvi come fare politica. Sarebbe come se voi decideste cosa devo fare con il mio corpo, no?”

Ingeborg Syllm-Rapoport

All’età di 102 anni ha conseguito il suo dottorato di ricerca, cosa che le era stata negata dal regime nazista. Ha dichiarato di averlo fatto per tutte le vittime dell’olocausto a cui è stata negata la possibilità di vivere la propria vita e realizzare i propri obiettivi.

Victoria Donda Perez

La donna politica argentina ha scelto di allattare la propria bambina durante una seduta parlamentare per affermare pubblicamente il proprio diritto di essere contemporaneamente madre e donna in carriera.

Jasmin Golubovska

L’attivista macedone ha baciato un poliziotto nel corso di una manifestazione che aveva lo scopo di protestare contro i metodi brutali delle forze dell’ordine nel Paese.

Isis Anchalee

Ha promosso la campagna #IlookLikeAnEngineer per combattere gli stereotipi di genere. Dopo essere apparsa nello spot della propria azienda, era stata accusata di essere troppo bella per essere davvero un ingegnere.

Mariah Idrissi

È stata la prima modella ad indossare l’hijab in una campagna pubblicitaria della catena di abbigliamento low cost H&M.

Le astronaute russe

La prima squadra di scienziate tutta al femminile scelta dalla Russia per un viaggio sulla Luna.

Nompendulo Mkhatshwa

La leader del movimento sudafricano #FeesMustFall si batte contro l’aumento delle tasse universitarie nel Paese che renderebbe l’istruzione troppo elitaria e inaccessibile a molti.

Photo Credits | El Nariz / Shutterstock.com

giornata vs violenza donne

Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, perché il 25 novembre?

giornata vs violenza donne

Una giornata speciale quella di oggi, nella quale si scende in campo contro la violenza sulle donne. Il femminicidio purtroppo è ancora oggi all’ordine del giorno, basta aprire un giornale e leggere la cronaca, quella che troppo spesso parla di donne uccise da ex mariti, amanti e uomini che usano la loro forza malata per esprimere violenza. Ma perché è stato scelto il 25 novembre come giorno per riflettere su questo delicato tema?

Educare i maschi contro la violenza: intervista a Cristina Oddone, vincitrice del premio per il contrasto alla violenza di genere

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Cristina Oddone, vincitrice del Premio per la migliore tesi di ricerca sul tema del Contrasto alla violenza contro le donne, è assegnista dell’Università di Genova: lavora sui temi della violenza di genere in sociologia. Il premio per la miglior tesi di Dottorato in materia di contrasto alla violenza di genere le è stato conferito dalla delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità, il Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionali, la CRUI e il Consiglio d’Europa.

Come ha affrontato il tema del contrasto alla violenza di genere nella sua tesi di Dottorato in Sociologia presso l’Università di Genova?
La tesi è un’etnografia nel primo centro di ascolto italiano, una ricerca empirica che è il risultato di un lunga osservazione presso il “Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti”, nato a Firenze nel 2009. Il tema della violenza di genere viene trattato dal punto di vista maschile, dal punto di vista degli autori di violenza. Nell’analisi non vengono analizzati casi di femminicidio, né esperienze di uomini detenuti per aver commesso violenza, ma casi di uomini che in maniera volontaria decidono di affrontare il problema della violenza – fisica, economica, psicologica – in ambito familiare e nelle relazioni di intimità.

Come funzionano i centri di ascolto per gli uomini autori di violenza?
I centri antiviolenza esistono dagli anni Settanta e hanno svolto un ruolo molto importante in sostegno alle donne, ma non si può combattere questo fenomeno senza lavorare sugli uomini, sul maschile e sulla relazione. Quindi è importante prendere in carico non solo le vittime, ma anche gli autori di violenze così come fanno i centri di ascolto per uomini autori di violenza.

Athena gadget anti stupro

Athena, il gadget anti stupro

Athena gadget anti stupro

Athena è il nome di un nuovo progetto che si propone di dare allo donne uno strumento per difendersi dalla violenza sessuale. Nasce come gadget anti stupro dall’idea di Roar for Good, una piccola azienda formata da Yasmine Mustafa e Anthony Gold che hanno lanciato il loro progetto su IndieGoGo. Sono riusciti a raccogliere in sole 48 ore tutti i fondi necessari per la produzione di Athena che sarà commercializzato a partire dal prossimo Maggio.

L’idea è venuta a Yasmine di ritorno da un viaggio in solitaria in Sud Africa dove non si è sentita sempre sicura nella sua condizione di donna sola e ha ascoltato moltissime storie di violenza sulle donne. Una volta rientrata a casa, è venuta a sapere che durante la sua assenza anche una vicina di casa era stata assalita e stuprata proprio lì dove credeva di potersi sentire più al sicuro. È nata così la volontà di dotare le donne di uno strumento per chiedere aiuto in tempo reale.

Athena è praticamente un pulsante da indossare, con una clip o come ciondolo, che basta pigiare per pochi secondi. Parte così un forte allarme sonoro che richiama l’attenzione mentre contemporaneamente si invia ai propri contatti di emergenza un messaggio con la posizione esatta di dove ci si trova, in modo da essere localizzate immediatamente. Volendo si può disabilitare l’allarme sonoro mantenendo però il messaggio di allarme inviato ai propri contatti selezionati.

A differenza di altri dispositivi di auto-difesa, è sicuro per chi lo usa e non può essere utilizzato contro di sé in caso l’assalitore ce lo sottragga, come nel caso degli spray al peperoncino o di armi più o meno lecite. Inoltre passa tranquillamente tutti i controlli di sicurezza anche negli aeroporti.

“Le donne,” dice Yasmine, “hanno paura di usare strumenti di autodifesa perché non vogliono trovarsi a dover gestire anche una colluttazione.”

Inoltre Athena si può utilizzare per segnalare le aree a rischio in modo che le donne possano sapere quali zone evitare quando si trovano da sole.

Qualcuno ha già obiettato che un allarme non risolve in alcun modo il problema della violenza sulle donne eppure finché le donne avranno bisogno di difendersi da sole è probabile che proprio un allarme possa salvarle da un abisso di dolore e disperazione. I fondatori di Roar però tengono a precisare che:

“vogliamo andare alla radice del problema e per questo motivo abbiamo avviato una collaborazione con organizzazioni che si occupano dell’educazione dei giovani al rispetto e all’empatia, in modo che produrre un cambiamento culturale positivo.”

Il 10% dei proventi delle vendite del gadget anti stupro andranno infatti a queste organizzazioni, per supportarne il lavoro. Intanto Athena è già stato pre-ordinato da migliaia di donne in 20 paesi del mondo. Evidentemente era qualcosa di cui si sentiva il bisogno.